Non si è fatta attendere la replica del sindaco di Montalto di Castro, Sergio Caci, a seguito del recente rigetto del ricorso da parte del Tar presentato da 18 comuni della Tuscia contro l’ingresso in Talete .
“Non ci sarà alcun immediato ingresso in Talete da parte di nessuno dei 18 Comuni che hanno impugnato la diffida regionale – spiega Caci -. Già in queste ore molti sindaci mi hanno manifestato la volontà di proporre appello al Consiglio di Stato e il Comune di Montalto di Castro si farà certamente promotore di questa ulteriore battaglia. Dovrà essere il Consiglio di Stato a dire la parola fine sull’intera vicenda”.
“Già venerdì pomeriggio – prosegue Caci – conoscevamo l’esito negativo del giudizio. Abbiamo però voluto attendere il fine settimana per leggere bene le motivazioni del Tar prima di rilasciare qualsiasi commento. Motivazioni che, se lette unitamente a quanto disposto dallo stesso Tribunale con le sentenze n. 4543/2016 e 5879/2016 su vicende analoghe alla nostra, non ci convincono affatto. Anzi ci spingono a proporre appello”.
Caci entra poi nel merito per evidenziare le contraddittorietà dei giudici del Tar: “Ricordiamo che il Tar aveva disposto la fissazione dell’udienza di merito in tempi tanto solleciti in quanto aveva rilevato una stretta connessione tra il nostro giudizio, quello promosso dai Comuni di Roma e quello che invece aveva promosso ACEA ATO 2 nei confronti del solo Comune di Capena, per via dell’affidamento della gestione del servizio ad un operatore privato diverso da ACEA (in totale, quindi, 3 giudizi). Tutti e tre giudizi quindi venivano discussi assieme lo stesso giorno – 15 marzo scorso- davanti allo stesso Collegio per due dei giudizi e un terzo Collegio presieduto dallo stesso presidente per il terzo (quello promosso nei confronti di Talete). Ebbene, lo scorso 19 aprile veniva pubblicata la prima sentenza n. 4543/2016 che rigettava il ricorso di ACEA contro il Comune di Capena (segnalo i paragrafi 12 e 13 per il loro particolare interesse ai nostri fini). Le motivazioni della sentenza erano per noi particolarmente confortanti, perché recepivano totalmente le nostre tesi sostenute nel ricorso collettivo principale. Con una motivazione particolarmente ampia e puntuale, il Collegio in quella sede riteneva che, sulla base dell’impegno assunto con la L.R. n. 5/2014 alla istituzione dei nuovi ATO, la Regione prima di qualsiasi cosa avrebbe dovuto dire se venivano effettivamente costituiti nuovi ATO, con perimetro coincidente ai bacini idrografici, e soprattutto se essa intendeva individuare nuovi enti di governo degli ambiti dotati di personalità giuridica (come nella Regione Basilicata) o piuttosto dichiarare coincidenti a tali enti gli attuali ATO”.
“Su tali premesse – continua il sindaco – ovviamente tutto ci si attendeva fuorché una sentenza dello stesso Tar, composto dalla stessa terna di giudici e deliberata nella stessa udienza che invece contraddiceva completamente la precedente sentenza. Così come è avvenuto il 18 maggio 2016 con la sentenza n. 5879/laddove si dice che la previsione della regione Lazio di individuare con legge gli ambiti di bacino secondo il criterio idrografico, contenuta nell’art. 5 della l.r. n. 5/2014, non può avere alcuna incidenza sull’esercizio per la stessa del potere di diffidare gli Enti facenti parte degli ATO a suo tempo istituiti in base alla legge regionale n. 6/1996…”.
“Quindi – fa presente Caci – se prima tale impegno era vincolante, oggi non lo è più. La ridefinizione degli ATO viene considerata una mera facoltà conferita alle Regioni, e non già un obbligo imposto alle stesse e, conseguentemente ‘non si ravvisa alcuna correlazione tra l’eventuale esercizio di tale facoltà e l’obbligo degli Enti locali di aderire agli Enti di governo dell’ATO’. Di fatto, il Tar (stesso Collegio per le prime due sentenze, lo ricordiamo) ha sostenuto ed affermato una tesi, ma anche il suo esatto contrario”.
“Veniamo a noi. La sentenza che rigetta il nostro ricorso è stata pubblicata venerdì 15 luglio, dopo circa tre mesi dalla prima (la n. 4543/2016) che aveva riconosciuto la correttezza delle nostre ragioni e dopo due mesi dalla seconda (la n. 5879/2016) che invece le rigettava. In questo caso, a detta dei giudici, l’obbligo dei Comuni interessati di affidare le infrastrutture idriche al gestore del servizio idrico integrato (nel caso di specie, Talete SpA) deriverebbe dalla stipula della convenzione di cooperazione che i Comuni ricorrenti hanno sottoscritto il 22.7.1999. Sempre secondo i giudici, infatti, ‘la revisione su base geografica dell’ambito territoriale non rappresenta un impedimento al conferimento delle reti, considerato che tale obbligo sussiste da quando il perimetro dell’Ambito Territoriale è stato individuato su base amministrativo-provinciale sicché, è irrilevante, ai fini dell’obiettivo della gestione unitaria del servizio, il criterio di delimitazione del territorio. In sostanza, l’obbligo dovrebbe ritenersi sussistente sia se il territorio è delimitato geograficamente, sia se coincide con quello provinciale (sic!)’. ‘Né – sempre a detta dei Giudici- assumerebbe particolare rilievo neanche l’individuazione dell’Ente di governo di cui al Codice Ambiente, considerato che l’affidamento delle infrastrutture andrebbe effettuato nei confronti del gestore del servizio (Talete SpA) e non all’Ente gestore e, quindi, sarebbe irrilevante il fatto che questo sia un soggetto privo di personalità giuridica o meno”.
Dello stesso tenore anche le considerazioni dell’avvocato Angelo Annibali dello Studio AOR Avvocati di Roma che ha seguito, insieme all’avvocato Ruffini, il giudizio innanzi al Tar Lazio: “Siamo stati consapevoli sin dall’inizio che la battaglia legale intrapresa era complessa, incerta ed insidiosa, e tuttavia abbiamo verificato che le tesi da noi sostenute hanno mostrato di poter resistere ad una analisi attenta dei giudici, tanto da trovare un recepimento molto puntuale e completo da parte del TAR nella sentenza 4543/2016. Naturalmente questo non può rassicurare sull’esito finale, e però ci legittima senz’altro a chiedere ad un giudice d’appello di fare chiarezza sulla forte contraddizione emersa tra le sentenze su complesse vicende di analogo contenuto”.