È stata un po’ la lunga notte delle doppiette (senza nessun doppio senso, please, siete proprio i soliti). Oh, che poi se sia stata o meno notte nessuno lo sa. Magari si sono visti a mezzogiorno, in mezzo al bosco (che lì fa sempre fresco). O forse hanno fatto tutto tramite mail (una riunione schioppettata), chissà. Ma poco importa, in fin di conti e a vederla bene. La vita procede serena lo stesso.
L’importante invece è sapere che una dozzina di sigle legate alla caccia, e cioè diverse associazioni di cacciatori, sparatori, spar-ai-tori, ai gabbiani e a qualsiasi altra cosa si muova dietro quel cespuglio (perciò attenti a dove vi mettete a fare popò), si sono incontrate. E hanno pensato di scrivere una missiva per fare un po’ il punto della situazione.
Si parte, logico, da sua maestà il cinghiale. La specie maggiormente cacciata. Quella più invadente. Quella che, per chi non tira (secondo doppio senso da evitare) ma legge, rappresenta croce e delizia dei mille dibattiti più o meno utili sul tema. Dai banchi del Parlamento fino alle cuffie della parrucchiera (lasciamo a voi decretare quale siano il posto ufficiale e il posto ufficioso).
“Il disciplinare della caccia al cinghiale deve essere frutto del confronto tra l’assessorato regionale Agricoltura, caccia e pesca e le esigenze del territorio – attacco, diffuso da Federcaccia – Le scriventi associazioni venatorie osservano come sia necessario un incontro in Regione fra l’assessore, i tecnici, le stesse associazioni e gli ambiti territoriali di caccia, che sono due per ciascuna provincia”.
Ciò che si chiede quindi al mondo della politica, dove normalmente le cose che si sparano solo altre, è un confronto. Una riunioncina definitiva per far in modo che il regolamento sia adattabile in base alle condizioni geografico-territoriali, alle presenze di questa o quella bestia, e così via.
E a proposito di calendario, giacché a noi del Post ci piace dare le buone notizie, l’enunciato recita in codesto modo: “Per quanto riguarda il calendario venatorio – ancora loro – le associazioni ringraziano l’assessorato per il rispetto dei tempi di legge previsti per l’emanazione e pubblicazione dello stesso, fatto impensabile negli anni addietro”.
Poi però, chiudendo, ecco il problema serio da affrontare. L’emergenza vera. Il lungo dilemma legato al tordo. “Nel merito dei contenuti del calendario – chiusura – le associazioni auspicano che per quanto riguarda la specie tordo la sua chiusura possa essere riportata alla data del 31 gennaio, alla luce delle sentenze emesse da alcuni Tar regionali e sia per la documentazione scientifica prodotta a supporto di tale richiesta”.
Speriamo si trovi presto una soluzione. Perché finché non sistemano il tordo, chi dorme più?