Tuscia e Sabina sempre più verso la regione unica dell’Italia di Mezzo? Per ora se ne parla e basta, e molto dipenderà dall’esito del referendum costituzionale di ottobre prossimo, ma oltre al cammino della riforma proposta dai parlamentari Pd Raffaele Ranucci e Roberto Morassut che vogliono ridurre da 20 a 12 le Regioni d’Italia, intanto Toscana, Marche e Umbria già si muovono. Con uno sguardo verso Viterbo e Rieti.
La scorsa settimana, infatti, a Bruxelles Enrico Rossi, governatore della Toscana, Catiuscia Marini, presidente dell’Umbria, e Luca Crescioli, governatore delle Marche, hanno messo nero su bianco un patto per la creazione della macroregione dell’Italia Centrale che va dal Tirreno all’Adriatico. Un documento programmatico, il primo in Italia che affronta questo tema, che mette in ordine tutte le cose da fare per avviare un percorso unitario.
La scelta di sottoscrivere tale patto a Bruxelles non è stata casuale, perché progetti come questo della macroregione dell’Italia di mezzo sono visti con favore dall’Unione Europea, che intende mettere a disposizione delle Regioni interessate i propri funzionari, che dovranno essere coinvolti dagli enti locali e organizzare gli uffici.
Quella che inizialmente era un’ipotesi che riguardava solo Toscana e Umbria, adesso vede la partecipazione attiva anche delle Marche, sulla base di progetti, infrastrutture, economia, e storia comuni. E guarda con imprescindibile interesse anche alla Tuscia e alla Sabina, che nelle intenzioni sia del ddl Morassut-Ranucci sia delle Regioni che hanno sottoscritto il patto, dovranno essere parte integrante del progetto della macroregione dell’Italia di mezzo. Una simile unione territoriale, infatti, potrebbe rappresentare il canale giusto – un canale più forte – per accedere più agevolmente ai fondi europei per finanziare progetti locali.
Il progetto di accorpamento delle Regioni così come inteso dal ddl Morassut-Ranucci aveva vissuto una notevole accelerata nell’ottobre scorso, quando lo stesso senatore Ranucci aveva presentato un ordine del giorno riguardante la ridefinizione dei confini regionali, in sede di discussione sulla riforma costituzionale (la stessa che a ottobre sarà oggetto del referendum). Secondo quel programma, Viterbo e la sua provincia avrebbero dovuto uscire da Lazio, destinato a scomparire, per entrare a far parte della Regione Appenninica insieme a Umbria e Toscana. Il patto stretto a Bruxelles riapre la discussione sul tema, ma, referendum permettendo, il futuro del Viterbese sembra essere sempre più rivolto verso nord piuttosto che verso l’area della Capitale.