E dato che noi di Viterbopost siamo sì buoni (come diceva il patriarca Arnaldo), ma anche un poco rompiballe, che ci piace mettere lì il ditino, a dar noia; abbiamo pensato di dedicare una fetta del nostro inutile tempo ai cosiddetti trombati. Coloro i quali non ce l’hanno fatta. Quelli che tutti davano per vincitori e che poi, invece, per un motivo o per l’altro, ne sono usciti vinti.
L’argomento caldo (rovente) sul quale andremo a dibattere, sarà quindi l’esito delle elezioni comunali di mezza Tuscia, le appena spogliate. I protagonisti invece, come specificato in apertura, saranno i sindaci non eletti, o non rieletti, o espulsi, o che hanno perso gli Hunger games. Il giochino andrà avanti (poco) fin quando non ci risponderanno più al telefono. Quindi tra un paio di giorni massimo aspettatevi che parleremo d’altro.
Nel frattempo comunque ecco il primo dei volontari-obbligati: Bengasi Battisti. Un trombato di lusso ma di lato. Nel senso che non concorreva più, dopo due volte la terza saresti podestà di diritto, ma appoggiava Livio Martini. Nella sua Corchiano invece ha trionfato l’altra faccia del Pd, Paolo Parretti (in bocca al lupo). Andiamo a capire, o a provare a capire, come mai.
È finita l’era Battisti, Battisti.
“Già, era previsto. Ma non in questo modo”.
Logico che vi aspettaste un altro esito.
“In piena onestà, non riesco a capirne le ragioni”.
Sinceramente: manco noi.
“Ora possiamo dirlo, che vincessimo era una percezione generalizzata”.
Lo era fuori, figurarsi dentro.
“Diciamo che si erano affermati valori collettivi importanti”.
Tipo?
“Dignità, orgoglio”.
E altre cose che se sei di Corchiano ti fanno camminare col naso all’insù.
“Senza spocchia, ma sì. Ed invece…”.
Ed invece eccoci qua.
“A metabolizzare, e con calma”.
Tempo al tempo.
“Che per comprendere il perché ce ne vorrà veramente tanto”.
Un’idea però ve la sarete anche fatta.
“Diciamo che in testa mi ronza un quesito devastante”.
E sarebbe?
“Vuoi o non vuoi Corchiano è diventata un modello”.
Anche piuttosto virtuoso.
“Mi chiedo, perciò, la gente non lo accetta più?”.
Tipo: vogliamo remare in direzione opposta?
“Esatto. Ma mi pare strano”.
E allora?
“Mi auguro che gli elettori abbiano optato per conservarlo, rivitalizzandolo”.
Che sarebbe: un po’ di ricambio non guasta mai.
“Già. Meno doloroso, se la linea rimane quella”.
Voltiamo pagina: di cosa va estremamente fiero?
“Di aver contribuito a rendere gli abitanti orgogliosi di vivere in una città che custodisce e restituisce il bene comune”.
Forse un concetto poco pratico, romantico.
“Ma estremamente vero”.
Ma siamo nell’era del cemento, dell’io e di Facebook.
“Le aree protette, le scuole, la cultura, l’agricoltura, sono stati solo elementi”.
Di un progetto più ampio?
“Di una visione collettiva. Quella che dicevo poc’anzi”.
Noi una cosa però l’abbiamo notata: la sua era una lista giovane in un paese (l’Italia) ormai per vecchi.
“Tutto può essere. E confermo, 8 persone sotto i 35”.
La rimetterebbe in piedi tale e quale?
“Rifarei tutto ciò che ho fatto dall’inizio, figuriamoci la fine. E, su tutto, Livio è persona giovane, ma preparata e intelligente”.
A proposito di fine: che farà Bengasi Battisti a partire da oggi?
“Il mio lavoro”.
Troppo facile.
“Il mio lavoro e l’opposizione”.
Scontato.
“Il mio lavoro, l’opposizione, e sarò sempre lì, se qualcuno vuole una mano o un consiglio”.
Questa quasi regge.
“Anche perché non c’è altro”.
Allora chiudiamo con una nostra cattiveria: non è arrivata nessuna chiamata?
“Prego?”.
Dall’alto, dal Pd. Quando uno funziona poi se lo litigano, di norma.
“No, e credo che manco arriverà”.
Complimenti, allora. Significa che ha veramente svolto un lavoro prezioso, lontano dai compromessi e dai giochini di partito. Altrimenti era già candidato altrove.