Con il 12,7% di disoccupazione complessiva e il 42,7% di quella giovanile, con l’esercito dei cassintegrati, dei precari, degli esodati, delle finte partite iva e dei voucher, con un mondo del lavoro disgregato, oppresso e vessato, è amaro e forse anche ipocrita “festeggiare” il primo maggio.
Questo è stato l’anno in cui è passata una riforma del lavoro che ha cancellato senza colpo ferire una norma cardine dello Statuto dei lavoratori: il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo. Una norma conquistata con la lotta e con il sacrificio delle vite di quei lavoratori che proprio il Primo Maggio si commemorano. Quella norma che stabiliva il confine tra dignità e schiavitù ma su cui Cgil, Cisl e Uil non hanno speso neanche un giorno di sciopero. Sono tempi in cui le banche hanno dissipato in borsa i risparmi di lavoratori e di pensionati, ma i nostri sindacati confederali, che cogestiscono con i padroni i fondi pensione, consigliano ai lavoratori di acquistare con il loro Tfr azioni e obbligazioni. Abbiamo permesso in silenzio che ad uno ad uno fossero calpestati e poi soppressi tutti i diritti sul lavoro conquistati con fatica in anni di sacrifici e lotte, non abbiamo avuto alcuna reazione, ci siamo lasciati rappresentare da chi ha rinnegato il suo ruolo. Non possiamo permetterci di restare a guardare mentre questa meschina eredità si riverserà sulle future generazioni. Il Jobs Act, che in questo paese è stato silenziato da Cgil, Cisl e Uil, salvo poi sbandierare a posteriori il referendum per mascherare la vergogna, lo stanno proponendo ora in Francia ma la reazione è tutt’altra; da giorni il popolo si è riversato in massa nelle piazze per salvaguardare quei diritti che gli stanno togliendo.
Se vogliamo ridare una senso al Primo Maggio dobbiamo scendere in piazza ogni volta che viene offesa la nostra dignità di lavoratori, di disoccupati, di precari, di immigrati, di esodati, di cittadini, di pensionati, tutti insieme, perché sulle nostre divisioni hanno vinto e solo attraverso l’unione e la partecipazione potremo riconquistare un paese che garantisca il diritto al lavoro, il diritto alla cura e alla dignità della persona.
Noi, a questa ennesima dimostrazione di forza di governo e padroni, a questa immensa bugia mediatica che avvelena il lavoro e non produrrà che profitti per pochi diciamo No. Noi alla concertazione e al concertone preferiamo la mobilitazione e il Primo Maggio saremo, insieme ai lavoratori di Zara a Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Bari e Vicenza, per dire No a questo modello di consumo, per dire no a condizioni di lavoro precarie e schiaviste, perché noi non siamo in vendita! Il Primo Maggio non è un giorno qualsiasi. Tanti lavoratori del commercio sono costretti a passare questo giorno di festa nei negozi del centro delle nostre città, tra gli scaffali di un supermercato o all’interno di un centro commerciale di periferia.
#noiNONsiamoinvendita è l’hashtag che accompagnerà le manifestazioni dei lavoratori del commercio aderenti all’Usb che protesteranno il primo maggio in tutta Italia.
Paola Celletti
Usb Viterbo