Dice: sono elezioni locali. Vero, ma quando eleggono il sindaco a Roma, Milano, Torino e Napoli, l’aggettivo appare quanto meno incompleto. Sono elezioni locali, ma con una marcata valenza nazionale. Renzi un po’ le snobba (probabilmente perché annusa odore di sconfitta, soprattutto a Roma dove la candidata pentastellata secondo i sondaggi non solo è sicura di andare al ballottaggio, ma viene data in vantaggio contro qualunque altro contendente nelle sfida a due: si vedrà), un po’ preferisce già da oggi concentrarsi sul referendum confermativo delle riforme costituzionali, autentico banco di prova per il governo e per lui stesso. “Se non passa, vado a casa” è il refrain renziano: anche in questo caso si vedrà perché di tempo per parlarne ce n’è ancora parecchio.
Intanto anche nella nostra Tuscia è scaduto il termine per la presentazione di candidati e liste. Si vota in 21 comuni e si registra la solita masnada di pretendenti più o meno autorevoli alla carica di primo cittadino. Il primo dato di fatto che balza agli occhi è che sia il centrodestra che il centrosinistra arrivano alla contesa assai sparpagliati. Per quella che fu l’arma berlusconiana, non è una sorpresa: le truppe sono in libera uscita da tempo e il ruolo del commissario provinciale Bacocco appare piuttosto sbiadito e non utile ad un tentativo di ricompattamento. A cominciare dalla sua Vetralla dove, per mesi, s’era parlato di una sua possibile candidatura a sindaco: niente da fare. Ci sarà ancora Aquilani ad alzare il vessillo del centrodestra, tentando portare a casa l’ennesima riconferma.
Non meglio (anzi…) se la passa il Pd che in 6-7 comuni si presenterà con candidati contrapposti con il rischio concreto di favorire gli avversari, chiunque essi siano. Un altro ottimo risultato per il segretario provinciale che, per giunta, è anche addetto agli enti locali in tutto il Lazio. Schierarsi apertamente per qualcuno, invece di assumere una posizione di equilibrio tra le varie fazioni, evidentemente non paga. Ma Egidi dovrebbe anche preoccuparsi un po’ di più di ciò è accaduto in Provincia (visto che non ha mai mancato di essere presente a Palazzo Gentili, snobbando sempre e clamorosamente Palazzo dei Priori, come se il destino del comune capoluogo non gli interessasse), dopo che è andata deserta la riunione di Consiglio dedicata all’approvazione del consuntivo 2015, atto propedeutico all’approvazione del bilancio 2016.
Che cosa stia realmente accadendo dalle parti di via Saffi non è dato sapere con certezza: voci non controllate indicano la motivazione delle assenze nel fatto che gli atti siano stati messi a disposizione dei consiglieri solo qualche giorno prima della convocazione (e non 20 come prescrive la legge). E si parla anche di una certa qual insofferenza del Pd e dei Mo.Ri. nei confronti del presidente Mazzola, accusato di fare troppo di testa sua e di non ascoltare a sufficienza i suoi nelle scelte e nelle decisioni: insomma, non ci sarebbe coinvolgimento. Guarda caso, le stesse accuse che i famosi 7 democrats (ex) dissidenti del Comune rivolgevano a Michelini e soprattutto ad alcuni assessori.
Come che sia, dopo la vicenda Trasversale, adesso c’è anche il nodo – bilancio, per quanto le funzioni dell’ente Provincia siano state assai limitate dalla riforma Delrio. Resta il fatto che stavolta le contestazioni a Mazzola arrivano proprio da tutti: panunziani, renziani, fioroniani, oltre che naturalmente dai moderati e riformisti che pure fanno parte della maggioranza. C’è qualcosa che non quadra. Un’ultima considerazione: da tempo, ai giornali non arriva più alcuna comunicazione ufficiale riguardante le date del Consiglio. Perché? Non si sa. I media si chiamano così proprio perché fungono da mezzo, da tramite tra il palazzo e i cittadini. Magari, qualcuno avrebbe anche voglia di presenziare alla riunioni di Consiglio, che – vale la pena ricordarlo – sono pubbliche e dunque aperte a tutti.
Buona domenica.