Prima domanda: a che serve ospitare a Viterbo in una piazza cittadina un gruppo di commercianti sardi (ma potevano essere pugliesi o siciliani o trentini: il ragionamento non sarebbe cambiato di una virgola) che propongono un po’ di prodotti tipici che si possono tranquillamente in ogni supermercato? Seconda domanda: non sarebbe il caso di tutelare un po’ di più monumenti storici e pregiati come la fontana di Piazza della Rocca, realizzata più di 4 secoli fa? Terzo quesito: invece di rivolgersi sempre all’esterno (Sardegna o Lombardia o Calabria, non ha importanza), non sarebbe più adeguato e opportuno organizzare appuntamenti con l’enogastronomia di casa nostra, valorizzando ancora di più le produzioni e le specialità della nostra terra? Detto tutto questo, va semplicemente aggiunto che l’appuntamento del week end con la gastronomia sarda (gli espositori arrivano da Sappada e Macomer) ben poco aggiunge a quanto già si conosceva di quella splendida terra. Vermentino e Cannonau la fanno da padroni nella rassegna, neppure particolarmente fornita, dei vini; ci sono il pane carasau e quello guittau (tutti rigorosamente imbustati); il torrone con miele sardo (e mica poteva essere abruzzese…); la birra Ichnusa: tutti prodotti che si possono tranquillamente trovare nel market sotto casa e anche a prezzi decisamente meno elevati.
Eppure le cose dal punto di vista commerciale devono essere andate abbastanza bene. “Non ci possiamo lamentare, abbiamo lavorato in questi giorni viterbesi…” confessa una giovane addetta al banco. che tradotto in linguaggio comune significa semplicemente che gli incassi sono stati più che soddisfacenti. Notizia positiva per gli standisti, ma vien da chiedersi se agli ospiti era stato comunicato che la fontana del Vignola è un’opera d’arte che merita tanto rispetto e tanta cura. Quanto stonano gli ombrelloni appoggiati sulle pareti laterali e, secondo la testimonianza di altri viterbesi che abitano da quelle parti, le panche e i tavoli per consumare il pasto in loco, andavano posizionati a distanza di sicurezza, visto che sempre la fontana è diventata utile ripiano per appoggiare bottiglie, vassoi, cartacce unte e bisunte e altri aggeggi utilizzati per lo spuntino. No, non va bene: i monumenti storici vanno il più possibile preservati e quando qualcuno (semplicemente per scarsa conoscenza) non lo fa. bisogna intervenire.
Gli ospiti di oltre Tirreno portano un po’ di folklore isolano: gli altoparlanti sparano a tutto volume canti tradizionali, la bandiera con i quattro mori sventola, ma poi di davvero sardo c’è poco a parte i prodotti confezionati. Uno stand prepara e vende la pasta tradizionale cucinata in due modi: accettabile, ma niente di più. E c’è anche la possibilità di acquistare spalle di maialino al forno: si attendono commenti da parte di chi ha potuto assaggiare la specialità. Alla fine, il gusto migliore è quello dei pecorini offerti in varie tipologie, ma sempre a prezzi decisamente troppo alti.
La sintesi è presto fatta: si poteva fare di più e meglio per valorizzare la cultura enogastronomica sarda, si doveva tutelare meglio un’opera artistica. E soprattutto, senza chiudersi ai contributi esterni, bisogna pensare a quanto c’è di buono in casa.