Non ci sono più le mezze stagioni, signora mia. Che non è soltanto un modo di dire, frutto delle banali costatazioni su quanto sia cambiato il meteo, ma è anche il titolo del convegno conclusivo della terza edizione di Viterbo Scienza, appuntamento organizzato (con le solite passione e dedizione) da Viterbo con amore, dedicato alla memoria del professor Francesco Luiso. In Sala Regia (gremita come non mai per l’occasione) si respira scienza e conoscenza. E non è una affermazione retorica perché basta ascoltare gli interventi per rendersi conto del livello e della preparazione dei relatori.
Intanto, nella Sala Gatti, proseguono gli esperimenti per i giovani studenti e per i curiosi e gli appassionati proposti dalla Fondazione Golinelli, presente con quattro tutor: “Elettricità dai batteri?” (ottenere energia elettrica da microrganismi e creare una pila a combustibile in cui siano batteri o lieviti a fornire elettricità: tecnologie impiegate per il recupero delle acque reflue a scopo energetico; “Alla scoperta del DNA” (si scopre il proprio DNA, prima osservando al microscopio ottico il nucleo e poi, attraverso una serie di passaggi, liberandolo dalle proteine che lo avvolgono e dalle membrane che lo racchiudono per poterlo vedere ad occhio nudo);
“La vita in una goccia d’acqua” (laboratorio in cui si esaminano al microscopio i microrganismi acquatici presenti nelle pozze d’acqua stagnante). Complessivamente nei tre giorni di rassegna, sono stati circa 600 i ragazzi intervenuti, compresa una scolaresca di una scuola media di Bracciano che è arrivata a Viterbo in treno.
Ma il tema della giornata finale, i cambiamenti climatici, è davvero coinvolgente. Perché non si tratta di mere disquisizioni scientifiche, ma di interventi che tramite solida preparazione spiegano come e perché il “climate change” influenza (molto spesso negativamente) la vita di ognuno di noi. E’ vero, le mezze stagioni non esistono più: si passa dall’inverno all’estate, dal freddo al caldo e viceversa, senza una fase intermedia. E questo non dipende dal destino cinico e baro, ma delle nefandezze che il cosiddetto “homo sapiens” (cioè noi, che di sapiente abbiamo ormai veramente poco…) ha compiuto e continua a compiere senza curarsi delle conseguenze. Che invece sono fondamentali per continuare a garantire la vivibilità del pianeta. Non ci si rende conto dei danni che l’uomo sta producendo sulla natura. Per esempio, la piovosità complessiva diminuisce, ma di poco (Vincenzo Ferrara, climatologo), però si manifesta con fenomeni sempre più violenti e concentrati nell’arco di poche ore, che producono alluvioni e allagamenti. Cioè danni seri alle persone e alle cose.
Ma c’è anche il problema delle risorse che non sono infinite e che quindi vanno usate rispettando la natura. In Italia si consuma troppa acqua (Riccardo Valentini, premio Nobel in coabitazione e docente dell’Università della Tuscia, oltre che consigliere regionale): il 70% per usi agricoli, il 20% per usi civili, il 10% per usi industriali. Si potrebbe e si dovrebbe sprecare di meno e utilizzare le risorse idriche con maggiore parsimonia e discernimento. E ancora la necessità di corsi di studio universitari maggiormente attenti alle esigenze del ventunesimo secolo (Nicola Vittorio, fisico dell’Università di Tor Vergata).
E si scopre pure che un viterbese doc come Carlo Calfapietra (ha studiato allo scientifico Ruffini) è coordinatore europeo del progetto Foreste Urbane che intende dare un nuovo respiro alle nostre città, annientando le cattive pratiche e promuovendone di buone e sostenibili. Gli obiettivi sono ambiziosi: tutelare, salvaguardare e valorizzare l’ambiente e il paesaggio; ridurre l’impatto ambientale generato dall’inquinamento di aria, acqua e suolo, attraverso la diffusione di energie rinnovabili e dell’autosufficienza energetica. A New York vogliono piantare un milione di alberi e gli americani (che guardano sempre all’economia con grande attenzione) hanno calcolato che per ogni dollaro che si spende in questo settore, ne rientrano tre. Quindi conviene.