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“Incidente chiuso. La vita e io siamo pari”

Serena Vitale ricostruisce l'esistenza di Majakovskij, il poeta della rivoluzione russa

La scrittrice Serena Vitale presentata da Paolo Pelliccia

La scrittrice Serena Vitale presentata da Paolo Pelliccia

“Come si dice, l’incidente è chiuso”. Nel bigliettino scritto qualche giorno prima di uccidersi con una pistolettata al cuore (“Non con un colpo alle tempie o in bocca: troppo sangue. Lui che era così affascinante non lo avrebbe sopportato…”), Vladimir Majakovskij tratta l’ormai prossimo suicidio con una leggerezza sospetta. Come se qualcosa e soprattutto qualcuna potesse avere qualche carta da giocare per evitare l’epilogo tragico. Nel salone della Biblioteca Consorziale, per Gli Speciali l’ospite è veramente prestigioso: la scrittrice Serena Vitale, profonda conoscitrice e appassionata del mondo russo e sovietico (insegna Lingua e Letteratura russa all’università) e soprattutto autenticamente innamorata del “poeta maledetto”, cantore della Rivoluzione di ottobre, poi negli anni precedenti alla morte rinnegato e persino deriso dal regime e infine riabilitato da Stalin che lo elevò a simbolo del socialismo. E questo gli procurò antipatie e critiche che soltanto oggi cominciano ad essere mitigate restituendo a Majakovskij la statura che merita. “Perché lui è stato un grande – sottoscrive la prof – con una presenza più che significativa nell’elite culturale mondiale di inizio Novecento”. A sollecitare la scrittrice e traduttrice (ha tradotto le opere di Milan Kundera, tanto per dire), il commissario straordinario del Consorzio Biblioteche Paolo Pelliccia.

Sulla morte del letterato sono state fatte nel corso degli anni innumerevoli ipotesi: lo fece per sottrarsi ai debiti, perché era malato di sifilide, perché voleva che dopo la morte i suoi libri andassero a ruba e ancora fu fatto fuori dal Kgb. “Autentiche stupidaggini” per la Vitale che proprio per spazzare il campo da illazioni, dicerie e pettegolezzi ha scritto il libro “Il defunto odiava i pettegolezzi” (edito da Adelphi), usando nel titolo un’altra frase scritta nel biglietto d’addio. Ci ha lavorato 5 anni, soprattutto utilizzando le testimonianze conservate nella Biblioteca Klementinun di Praga (“Ormai lì mi considerano parte dell’arredamento…”.). E a quali conclusioni è arrivata? “Io non sono in possesso delle verità assoluta. Il mio lavoro è stato riportare alla luce i documenti. Non c’è soluzione al giallo, ma una convinzione, piuttosto profonda, me la sono fatta. Vladimir si è suicidato per amore, anzi per mancanza di amore”.

Pubblico interessato alla conferenza di Serena Vitale

Pubblico interessato alla conferenza di Serena Vitale

Ma come è possibile? Proprio lui il materialista per eccellenza, l’aedo della rivoluzione marxista? “La poesia di Majakovskij è pervasa da una profondissima vena poetica. La canta, la esalta in ogni verso. Talvolta le traduzioni non riescono a rendere il senso di ciò che invece si percepisce nelle versione originale”. Comunque, perché si spara con una Mauser la mattina del 14 aprile 1930? La ricostruzione di Serena Vitale è minuziosa: “Il grande amore nella vita di Majakovskij era stata Lilja Brik, sua musa ispiratrice. Una donna bellissima, ma sposata. La relazione durò a lungo, ma poi lei preferì tornare dal marito e allontanarsi da Mosca. Furono momento difficili, ma lui era uomo bellissimo, alto quasi due metri. Pur rimanendo sempre Lilja nel suo cuore, perse la testa per un’altra splendida donna, l’attrice Veronika Vitol’dovna Polonskaja. Anche lei sposata e piuttosto, come dire, aperta. Vladimir ci rimase malissimo quando scoprì che Veronika era andata al cinema con un altro uomo, probabilmente anche lui suo amante. E soprattutto che la donna gli aveva mentito. Sì, secondo me, si suicidò per amore. Ma spesso mi chiedo se è possibile immaginare che Majakovskij potesse morire di vecchiaia. E la mia risposta è molto semplice: no. E’ morto giovane nel pieno degli anni e del vigore. Una fine in linea con la sua esistenza”.

Il libro scritto da Serena Vitale sulla morte di Vladimir

Il libro scritto da Serena Vitale sulla morte di Vladimir Majakovskij

Eppure in questa tormentata e drammatica conclusione c’è ancora qualcosa che non quadra. Nel bigliettino di addio, il tono è leggero, quasi canzonatorio. “Probabilmente – ancora la Vitale – lo scrive per tentare l’ultima carta con Veronika: una sorta di sfida. In amore, lo sappiamo, si fa tutto. Forse spera di convincerla in extremis a tornare con lui, a lasciar perdere gli altri uomini… E anche la scena è piuttosto emblematica: lui prende la pistola, mette il colpo il canna, toglie la sicura e infine si spara. Ci vuole qualche tempo per compiere tutti questi gesti e Veronika è lì in quella stanza, non fa nulla per impedire il gesto estremo. Potrebbe buttarsi addosso a lui, urlare, fare qualsiasi cosa: resta impietrita e la tragedia si compie. Perché? Non lo sappiamo e non lo sapremo mai”.

“Se muoio, non incolpate nessuno – scrive in quel famoso bigliettino il poeta – . E, per favore, niente pettegolezzi. Il defunto non li poteva sopportare. Mamma, sorelle, compagni, perdonatemi. Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta. Lilja, amami. Compagno governo, la mia famiglia è Lilja Brik, la mamma, le mie sorelle e Veronika Vitol’dovna Polonskaja. Se farai in modo che abbiano un’esistenza decorosa, ti ringrazio. Come si dice, l’incidente è chiuso. La barca dell’amore si è spezzata contro il quotidiano. La vita e io siamo pari. Inutile elencare offese, dolori, torti reciproci. Voi che restate siate felici”. Firmato Vladimir Majakovskij.

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