Sono passati 60 anni dalla dipartita di Keynes: le sue teorie sono ancora le uniche che possono permetterci di ragionare in quale modo uscire dalla crisi? John Maynard Keynes, primo barone Keynes di Tilton (Cambridge, giugno 1883 – Tilton, 21 aprile 1946), è stato un economista britannico, padre della macroeconomia e considerato uno dei più grandi economisti del XX secolo. “Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non mantiene le promesse. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi”, diceva.
Keynes è stato il più importante e “rivoluzionario” economista del Novecento. La sua teoria economica, che ruppe con la tradizione liberista del laissez-faire, cioè con l’idea che lo Stato non debba occuparsi di economia e lasciar fare al libero mercato, fu la base del New Deal inaugurato dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt per uscire dalla crisi iniziata nel 1929 con il crollo di Wall Street. Le politiche keynesiane, costituite soprattutto da investimenti pubblici, tassazione progressiva e protezione sociale, risollevarono l’economia americana e segnarono la politica economica dell’Occidente fino agli anni ’70. L’abbandono di quel fecondo filone di pensiero, in favore un libero mercato senza alcun contrappeso, ha sguarnito la politica e la teoria economica degli strumenti per comprendere e gestire i cicli e ha prodotto diseguaglianze sempre più gravi che, secondo molti, sono tra le cause della recessione di questi anni.
Confartigianato è una realtà che muove dal principio secondo il quale le teorie rappresentano una base di partenza per costruire nuove fondamenta per un’economia reale basata sulla regolamentazione e non solo sulla speculazione. L’obiettivo da perseguire è che i capitali, gli utili, i prodotti siano risorse a disposizione dei molti e non dei pochi.
Stefano Signori
Presidente di Confartigianato Imprese Viterbo