Forse non è ancora la svolta decisiva, ma è la strada da percorrere – e da non abbandonare assolutamente – per risolvere una volta per tutte la vicenda dei pazienti delle Rsa, le residenze sanitarie assistenziali. Una storia che da oltre un anno tormenta i pazienti e i loro famigliari. Dopo la sentenza del consiglio di Stato che ha tolto l’accompagno dal calcolo dell’Isee (sentenza che ora dovrà essere recepita da tutti gli enti e i relativi regolamenti), ecco un’altra notizia positiva. Il 21 marzo scorso è stato firmato a Roma un protocollo tra la Regione, le associazioni datoriali (Aiop e Aris, cioè i rappresentanti di chi possiede o gestisce le residenze) e i tre maggiori sindacati, Cgil, Cisl e Uil.
Tra i punti dell’intesa ce n’è qualcuno che davvero potrebbe rimettere a posto le cose. Per l’esempio l’impegno della Regione a coprire almeno il 40 per cento della quota sociale (cioè del contributo per le rette) spettante ai singoli Comuni. Un notevole aumento rispetto al 20 per cento garantito negli anni passati e a quello dei ”fondi disponibili in bilancio’’ promesso nell’ultimo anno, riduzione che aveva creato enormi difficoltà alle amministrazioni comunali e, di conseguenza, ai pazienti e ai loro famigliari. Non solo: si concede ai Comuni di far fronte ai pagamenti delle quote per gli anni 2013, 2014 e 2015 attingendo agli accantonamenti residui dei fondi del sociale. Un escamotage proposto a suo tempo, nel pieno della crisi, dagli amministratori viterbesi proprio alla Regione: furono infatti il sindaco Michelini e l’assessore al Bilancio Ciambella a suggerire agli assessori regionali Sartore (Bilancio) e Visini (Servizi sociali) di utilizzare proprio i residui: l’idea che all’epoca sollevò anche qualche valutazione incauta da parte di qualche politico (”Non si può fare’’), oggi si conferma valida. E attuabile.