Sulla Strada Commenda, quella che dalla Cassia si dirama verso Marta, si trova l’azienda Monte Jugo che prende il nome dal promontorio vulcanico alle sue spalle. Zona di terme questa: ci sono quelle della Lettighetta e quelle del Bacucco, proprio di fronte. I ruderi della magnificenza romana e della loro predilezione per le acque termali hanno fatto impugnare la penna a Michelangelo per lasciarne testimonianza in due schizzi e ancora oggi interrompono le distese verdi di seminativi e pascolo (“Pianta del Bagno di Viterbo” e “Come sta dentro el dicto Bagno”: gli schizzi a penna di Michelangelo sono conservati nel museo di Vicar de Lille, ma una copia si può osservare presso il museo civico di Viterbo). Una manciata di chilometri da Viterbo, ma già immersi nella campagna. Dalla strada si individua facilmente l’insegna dell’azienda della famiglia Ciambella. Legno e vetro definiscono le strutture che si integrano nel paesaggio senza disturbare. L’azienda è qui da tre generazioni, condotta fino al 2001 in maniera tradizionale, ha individuato nell’allevamento di capre un elemento di successo e di pregio, distinguendosi da subito per la qualità dei prodotti. Anna Maria Ciambella è nel punto vendita aziendale aperto tutti i giorni dalle 8 alle 19, domenica compresa. Accanto ai formaggi, tutti rigorosamente di capra, salumi, olio extravergine d’oliva, confetture. Un’azienda moderna, dunque, che ha avuto il coraggio di intraprendere la strada della trasformazione della gestione agricola e non ha paura di continuare a percorrerla contando sulla mappa della qualità.
La trasformazione dell’azienda è sicuramente un punto di forza, l’idea di lavorare sulla filiera corta ha salvato molte piccole realtà e soprattutto ha permesso di recuperare una consapevolezza del consumatore che prima si perdeva nella lunga catena di passaggi dei prodotti che venivano commercializzati. Le aziende si riappropriano di una funzione culturale e possono innescare e incentivare comportamenti innovativi. In sostanza non ci si limita al produrre, ma si include l’erogazione di servizi alla collettività che possono essere agriturismi, punti vendita, fattorie didattiche. Monte Jugo incarna bene questo modo moderno di fare agricoltura. Ma perché proprio le capre?. Nel corso della storia la capra ha suscitato sentimenti contrastanti. Adorata nell’antichità a partire da Amaltea, nutrice di Zeus, era sacra presso molti popoli. Animale dionisiaco nella versione maschile, era simbolo di fecondità. Al suo nome è legato quello della tragedia greca. La sua diffusione e il suo apprezzamento sono collegati in particolare alla competizione con la pecora che, a partire dal Medioevo, diventa l’ovino dominante. La maggiore importanza economica ricoperta dalla lana ha marginalizzato sempre di più la capra. Allontanata dai pascoli e dalle sempre crescenti aree coltivate, vennero spinte nelle selve, ma furono presto accusate della loro distruzione. Per questo furono addirittura varati dei provvedimenti, non solo in Italia, a partire dal 1700 ripresi all’inizio del XIX secolo e ancora nel ventennio fascista per scoraggiarne o vietarne l’allevamento. “La crisi cerealicola degli anni 2000 è stata la spinta per iniziare, ma in realtà quello di cambiare e rendere l’azienda più al passo con i tempi era qualcosa di cui tutti sentivamo il bisogno, un progetto comune in cui credere. Come dico sempre Ferdinando, mio marito, è il motore, io sono l’acceleratore e i figli sono il futuro a cui guardare”: infaticabile e inarrestabile, Anna Maria dissimula la sua determinazione nel suo sorriso vivace e brioso, in un’energia coinvolgente, da cui l’interlocutore non si può sottrarre.
“Volevamo dedicarci all’allevamento, ci siamo documentati, abbiamo trovato degli studi universitari che definivano il latte di capra come uno dei migliori, con un maggior contenuto di acidi grassi a corta catena, in grado di ridurre il colesterolo inibendone l’accumulo e favorendo la mobilizzazione dei depositi. Il latte di capra è ricco di minerali come calcio, fosforo, potassio, magnesio e soprattutto il selenio importante per il buon funzionamento della ghiandola tiroidea. Ed è altamente digeribile. In provincia poi non c’era una tradizione, questo ci poneva in una situazione più difficoltosa come apripista, ma anche più stimolante. C’era un mercato da creare, una tradizione da fondare”. Anna Maria fa strada nella stalla. In un ambiente pulitissimo, le eleganti capre Saanen scrutano, i loro occhi chiarissimi, acquosi brillano tra il bianco candido del mantello. Qualcuna più curiosa si avvicina, altre si spaventano e si allontanano, altre ancora continuano a giocare restando indifferenti alla presenza umana.
Il ruolo dell’Università della Tuscia di Viterbo è sempre determinante nei casi di aziende che propongono progetti qualificati e innovativi. “Assolutamente sì – conferma Annamaria Ciambella -. Nel nostro caso è stato grazie al professor Bruno Ronchi che abbiamo selezionato i nostri primi 101 capi, ormai diventati 700. La collaborazione con lui e con l’Unitus continua, abbiamo avviato uno studio sulla selezione degli animali e sulla qualità del latte lavorando anche con l’Istituto zooprofilattico di Roma. E sempre al professor Ronchi dobbiamo le indicazioni per il mangime con cui integriamo il pascolo delle nostre capre. Tutto viene sempre dalla nostra azienda: di 100 ettari, il 50% è destinato a foraggio, cereali, orzo, mais per il fioccato e da qualche anno il coriandolo. A questo bisogna aggiungere la maniacale cura di Ferdinando nelle coltivazioni, la sua esperienza come agricoltore. Siamo molto attenti al benessere animale, a garantire gli spazi sia dentro la stalla che fuori. Inoltre lavorando latte crudo dobbiamo rispondere a una serie di controlli su ogni lavorazione”. È dal 2006 che Monte Jugo ha iniziato la produzione di formaggio, inizialmente con l’apporto di un casaro toscano. I riconoscimenti non hanno tardato ad arrivare, ma soprattutto si è innescato il passaparola che porta quotidianamente clienti al punto vendita aziendale .
Dove arrivano i prodotti Monte Jugo?. “Siamo a Roma da Eataly, ma anche a Le Rughe nel negozio Sanbartolomeo e ai mercati di viale Trieste. Siamo a Milano, Brescia, Napoli. A Viterbo da Arvalia e al Magnamagna. La richiesta è tanta, ma il 50% lo vendiamo in azienda. Abbiamo avuto richieste anche dall’estero, ma preferiamo dare maggiore spazio a Roma e all’Italia”.
L’azienda vede impegnata tutta la famiglia. Amatissimo dirigente della Viterbese, Ferdinando Ciambella ha portato in azienda il gioco di squadra dove funzionano onestà, correttezza e collaborazione: usando una metafora prestata al calcio, a Monto Jugo sono stati capaci di buttare il cuore oltre l’ostacolo. “Mi sembra una bella immagine, che ben ci rappresenta. Abbiamo sempre investito, non ci siamo mai fermati, abbiamo acquistato, realizzato sogni per poterne fare di nuovi. Spesso le novità sono venute da una lettura accorta di ciò che avevamo o addirittura da criticità che sono state trasformate in risorse, come nel caso dell’allevamento dei maiali. Avevamo il siero da smaltire, ancora ricco di proteine del latte ed è diventato il 50% dell’alimentazione dei nostri maiali”. Le parole di Anna Maria fluiscono rapide a disegnare la sua perseveranza, quella stessa che anima ogni sua azione rendendola una persona che non ha paura di sognare, per questo sta inseguendo l’ennesimo progetto per valorizzare al meglio l’accoglienza e le risorse della Tuscia.