Le nuove politiche di governance economiche devono favorire la nascita di micro imprese locali e della relativa classe media che, con politiche attente, cerca di trovare le risposte socio economiche necessarie ai propri cittadini, senza obbligarli a marce forzate che durano anche degli anni con i relativi rischi sulla sicurezza individuale.
Purtroppo anche le politiche di governance cominciano ad incontrare delle difficoltà considerato che il tipo di regolazione internazionale proposto non ha più nessun legame con il diritto naturale. Il punto è che le stesse agenzie di governance, nazionali o sovranazionali che siano, non rendono conto a soggetti politici come possano essere i cittadini del mondo o anche solo quelli di alcuni grandi paesi. Esse rendono conto a delle leggi di accumulazione che sembrano indipendenti dalla volontà umana. Tali leggi assumono la forma di processi attenti a verificare e controllare i risultati ottenuti in seguito a scelte e strategie specifiche attuate, che nel loro complesso operano come automatismi funzionali alla stabilizzazione dell’equilibrio dell’economia globale. Si tratta, cioè, di veri e propri meccanismi che possono essere raggruppati in quattro aree disciplinari: commerciale, monetaria, terroristica e ideologica. E’ evidente che il sistema ha bisogno di una struttura globale riconosciuta che gli conferisca autorità e potere. La difficoltà sta nel fatto che il carattere globale della finanza e dell’economia, avendo superato i limiti nazionali, ha bisogno di disciplinare gli stati nazionali stessi e di regolare le loro politiche. In altri termini la difficoltà sta nel fatto che un sistema globale avrebbe bisogno di una “Entità” pensante e dirigente, riconosciuta, mentre oggi è una struttura intrinsecamente acefala.
Fermo restando gli sforzi profusi dal Governo Renzi e dalla BCE per attenuare le conseguenze della crisi, continuano ad essere evidenti le ingiustizie ed i privilegi che danneggiano il nostro Paese e fanno soffrire le persone, soprattutto i più deboli, i senza voce, senza parlare dei suicidi dei quali nessuno più parla.
Anche il sistema internazionale si è convinto che il Paese ha bisogno di una struttura politica e istituzionale nuova, in grado di esprimere una classe dirigente stimata dal popolo, capace di trovare risposte adeguate ai problemi dei tempi, nella misura in cui opera per l’interesse dei cittadini e per il bene comune. La competitività rimane la questione centrale che la politica è chiamata ad affrontare. Essa è legata alla ricomposizione del tessuto sociale.
La competitività è un obiettivo da praticare, da attuare, dando spazio alle forze sane presenti sul territorio, ai movimenti, ai centri culturali, alle associazioni, ai mondi vitali, al terzo e quarto settore.
In un progetto politico che si rispetti le persone vi si debbono riconoscere, come identità, come proprio modo di essere, e vedere difesi gli interessi propri, ma soprattutto quelli dei propri figli. Il progetto politico, dunque, deve definire quali interessi si vogliono trattare e conseguentemente identificare attraverso quali processi si vogliono dare risposte concrete, fattibili, funzionali alle esigenze, le dichiarazioni generali non portano più consenso.
In un sistema globale altro aspetto fondamentale da non sottovalutare è la capacità di individuare quali siano gli interessi reali che concorrono alla definizione dell’identità nazionale e attraverso quali processi si vogliano difendere. Il collante non può che essere l’individuazione dei caratteri comuni di questi processi. A tal proposito è doveroso riconoscere che Matteo Renzi non perde occasione per sottolineare tale aspetto. Ma l’ostacolo al raggiungimento degli obiettivi che il Governo si è prefissati è rappresentato da cinque emergenze che affossano il Paese: l’emergenza democratica; l’emergenza rappresentativa; l’emergenza informazione; l’emergenza economica; l’emergenza burocratica.
Stefano Signori
Presidente di Confartigianato Imprese Viterbo