Se ne è parlato pochi giorni fa, su queste colonne. Il tema portante della settimana appena archiviata, e probabilmente di molte altre ancora in futuro, è senza ombra di dubbio quello dell’importazione di olio tunisino. Una sorta di schiaffo alle economie locali, che vedono nell’oro verde una delle poche realtà ancora in piedi. E che si troveranno ad affrontare l’ennesima battaglia stile Davide contro Golia.
“Se ne esce solo con la qualità, il chilometro zero, e l’acquisto dal frantoiano di fiducia”, ha rimarcato il presidente Coldiretti Mauro Pacifici. Alle sue parole si aggiungono oggi quelle di Andrea De Simone, sponda Confartigianato.
“Le recenti decisioni europee sulla riduzione dei dazi all’importazione dell’olio dalla Tunisia – apre – metteranno a rischio un altro prodotto simbolo della qualità made in Italy: 35mila tonnellate di olio tunisino rappresentano l’ennesimo colpo ad un settore già fortemente penalizzato e che negli ultimi 20 anni ha visto dimezzato il numero delle imprese”.
In Italia ci sono 4700 frantoi. Per una produzione media di 380mila tonnellate. Già non sufficiente a soddisfare la richiesta dello Stivale. “Questa manovra – sempre lui – farà crollare i prezzi del prodotto sul nostro mercato”.
Logico pensare che gran parte del non-Italy finirà sugli scaffali della grande distribuzione. I “piccoli” perciò, subiranno una ricaduta sulla ricaduta. Non potendo reggere i prezzi e le offerte della gdo. “Il problema sarà anche dei consumatori – chiude il direttore – che non saranno più tutelati sulla qualità. Proprio per questo è fondamentale e urgente che si intensifichino le attività di controllo sulla tracciabilità. E’ l’unica arma per prevenire e contrastare i rischi per la salute e per certificare la qualità”.
Attualmente già importiamo olio da Tunisia, dalla Grecia, dal Portogallo e in più ampia scala dalla Spagna. Me per rendere ancor più l’idea del consueto cane che si morde la coda, le regioni che più comprano sono anche quello che più producono: Toscana, Umbria, Lazio e Sicilia (seguono Liguria, Puglia Lombardia e Abruzzo).