A papa Francesco non piacciono le telecamere. Impossibile, vista l’assoluta naturalezza con cui padroneggia la comunicazione. Eppure è così: si è abituato perché il ruolo glielo impone e adesso che è diventato “attore” si muove a perfetto agio tra operatori, microfoni, taccuini, iphone… Monsignor Dario Viganò, responsabile del Centro Televisivo Vaticano e prossimo direttore anche della Radio Vaticana, ha il complicato compito di coordinare, veicolare e diffondere in tutto il mondo le immagini del Pontefice. Nella sala Alessandro IV del Palazzo dei Papi, l’appuntamento nell’ambito di Jubilate è da non perdere per chi vuole conoscere più da vicino i meccanismi che regolano la vita di uno degli uomini più in vista del pianeta. A sollecitare l’ospite Gennaro Ferrara, giornalista di Tv200, media partner della rassegna.
Si parte dalla nomina di don Dario avvenuta il 22 gennaio del 2013, qualche settimana prima delle dimissioni di Benedetto XVI. “Il mio lavoro vero e proprio – attacca – comincia con il pontificato di Bergoglio. Un percorso ricco di soddisfazioni, ma evidentemente complicato. Innanzitutto, al papa non piaceva essere ripreso. Quando gli feci notare che la cosa era impossibile, ha dovuto prendere atto della situazione. Ma con alcuni punti fermi insormontabili: per esempio, non vuole assolutamente che ci siano telecamere quando firma gli atti importanti (cosa che in passato era una tradizione) o quando, durante le visite in ospedale, entra nelle camere e parla con i malati. Sono momenti intimi che devono rimanere tali. Confesso che a me piacerebbe riprenderlo in ogni momento della giornata, come in un Grande fratello, ma capisco che questo è impossibile e quindi mi adeguo”.
Inevitabili gli aneddoti e i retroscena. “Ne avrei tanti da raccontare… – continua – Intanto, posso rivelare che gli operatori che seguono Francesco sono sempre gli stessi, perché hanno imparato a conoscerlo e anche in qualche modo a prevederne le mosse e le intenzioni. Ricordo che in occasione del viaggio a Rio de Janeiro per la Giornata mondiale della Gioventù, il papa improvvisamente si alzò e andò nella cabina di pilotaggio: il nostro cameraman fu bravissimo ad intuire che sarebbe successo qualcosa di particolare e lo seguì, filmando l’atterraggio col papa seduto al fianco del pilota. A Betlemme fece improvvisamente fermare la papamobile vicino al muro che separa la cittadina da Gerusalemme: una sosta decisamente non prevista. La security nostra e quella locale erano impazzite, ma sfidando anche qualche colpo proibito il nostro operatore riuscì a riprendere tutto. Durante il sinodo, uscì dalla sala e… Ormai lo sappiamo che sta per succedere qualcosa di strano e infatti abbiamo le immagini di Francesco che si avvicina all’ufficio della gendarmeria e chiede di uscire ugualmente anche se ha dimenticato il tesserino, con la splendida risposta del gendarme che gli dice di uscire perché quella faccia gli sembrava di averla vista da qualche parte…”.
Si potrebbero scrivere volumi su tanti episodi di una personalità prorompente come Bergoglio. Monsignor Viganò sintetizza in una battuta: “Al papa piace essere in mezzo, ma non al centro. In mezzo alla gente, in mezzo ai problemi, in mezzo ai temi anche più complicati, ma non vuole essere il protagonista, piuttosto un ascoltatore attento, sempre alla ricerca del dialogo, di ciò che unisce anche nella diversità e non di ciò che divide”. E ancora: “E’ il papa della prossimità che come manifesto programmatico del suo pontificato disse subito: ‘Abituatevi alla normalità’. E la sua grandezza sta proprio in questo: essere sempre normale eppure efficace nel comunicare il messaggio del Vangelo”.
Ciò che colpisce è la sua capacità di affrontare problemi complicati nella maniera più semplice possibile: perché? “Credo che derivi dalla sua profonda cultura. Solo chi è sapiente e colto, sa tradurre i concetti con parole semplici, comprensibili a tutti. E questo si manifesta anche nella sua azione riformatrice. Roberto Benigni con una battuta disse che sta traghettando la Chiesa verso il Cristianesimo, verso Gesù, verso il Vangelo. Io penso che Francesco sta invece trasformando una struttura imperiale e cortigiana in una Chiesa fatta di uomini e donne, ai quali non si chiede il Dna, che vivono il Vangelo in comunione. Con un linguaggio semplice e nella normalità. Questa è la sua grande rivoluzione”.