Ieri, su queste colonne, si è deciso di parlare della centrale geotermica di Latera. Catalogabile su qualsiasi vocabolario alla voce “cattedrale nel deserto”. Un progetto pilota, su scala mondiale, costato una barca di soldi e finito nel dimenticatoio pochi giorni dopo l’inaugurazione.
Oggi si è pensato di tornare sull’argomento. Tentando (non è facile) di ricostruire le cose. Dunque, per chiarezza di informazioni è bene rifarsi a quanto scritto ventiquattro ore fa (basta cliccare sul link sottostante). Qui invece partiremo da un articolo trovato in rete, datato 2007. Nell’elaborato il sindaco Luigi Fiorucci (ancora in carica, secondo mandato) spiega che il Comune aveva in testa l’idea di acquistare il pacchetto completo. La centrale dormiente sarebbe così stata convertita “in biomasse vegetali e legnose, in combinazione con il termodinamico e fotovoltaico”. Scendendo da una produttività di 42 megawatt a 10. L’Enel (proprietaria), all’epoca si disse favorevole. E anche i vari comitati sorti come funghi e battaglieri più che mai, pare fossero d’accordo.
Qualcosa però non girò a dovere. Innanzitutto la stessa Enel (siamo ancora nel 2007), che tecnicamente si era detta in fase di smantellamento del “non utile”. Ed invece non si è portata via manco una vite.
Secondo, e siamo alle solite, ci si misero di mezzo i soldi. Troppi. Per rilevare l’impianto, bonificarlo, e trasformarlo. Così l’ennesima buona idea andò perduta.
Parallelamente, se non bastasse, due righe vanno spese anche per la parte a valle dell’impianto: le serre. Sempre on-line si apprende che nel 2010 son finite in asta. Con 220mila euro se le può prendere chiunque. Sia loro, sia quanto si erge intorno. E da ciò si evince che non dovrebbero essere targate Enel, ma di proprietà privata. Anche se, in molti giurerebbero, di mezzo ci stava pure l’Arsial (quindi fusione di pubblico e privato). Da confermare, però. Di sicuro c’è solo che le forze in campo erano Regione Lazio, Arsial, Consorzio Co.Geoterm, Amministrazione provinciale di Viterbo, Enel, Green Power.
La perizia giudiziaria (tribunale di Viterbo) specifica quanto segue: terreno agricolo della superficie di ha 8.03.25, con sovrastanti serre per la coltivazione di piante e fiori per 31mila metri quadri, di cui 4900 per la coltivazione di piante acquatiche e allevamento di pesci ornamentali. E ancora: locali direzionali, uffici, laboratori, magazzini. Più 180 metri di abitazione del custode, capannone (230 metri) destinato a deposito, tettoia con vasche di accumulo e cabina elettrica.
In sostanza l’accordo tra Enel e “privati” prevedeva che l’acqua calda (o i vapori) del geotermico riscaldassero le serre. Laddove si sarebbero coltivati piante e pesci. Fantascienza.
Domanda spontanea: quanto sarebbe costata tutta la baracca? Sempre da perizia, la stima si aggira sui 6 miliardi scarsi delle vecchie lire. Nel 2010 il valore è sceso poi a 1.710.000 euro. Oggi con 200mila la ditta se ne disfa. E, logico, nessuno le vuole. In quanto marcescenti, abbandonate, distrutte.
Sul prezzo della centrale invece, dei chilometri di tubi che salgono, dei venti anni di studi precedenti, dei tecnici, dei nove pozzi scavati (si vocifera fino a Grotte di Castro), della manodopera, non si hanno notizie. E difficilmente Enel le fornirà mai.
Se comunque qualcuno fosse interessato all’acquisto della “zona serre”, l’asta verrà battuta dopodomani. Giovedì 25 febbraio, ore 11, a Viterbo. Ci si vede a Riello.