Ci sono aspetti strani e, per certi versi, anche squallidi nella vicenda della discussione del cosiddetto Ddl Cirinnà. il testo legislativo che si propone di regolamentare le unioni civili, con particolare riferimento alle coppie omosessuali. Dunque, la scorsa settimana il provvedimento doveva andare in discussione al Senato, ma è stato lo stesso Pd a chiedere uno slittamento perché non c’era accordo sulla presentazione e sull’approvazione del “canguro”. Che non è il classico animale dotato di marsupio, tipico di Australia e dintorni, ma l’emendamento al testo che permette di “assorbire” tutta la valanga di proposte presentate e quindi di procedere più speditamente nella discussione. I cinquestelle, che pure sono favorevoli, hanno manifestato contrarietà perché per loro la discussione va comunque fatta. Anche se comporta un notevole allungamento dei tempi. La Cirinnà si è inalberata e ha minacciato di rendere noti gli accordi a suo tempo sottoscritti con i pentastellati e li ha accusati di sfruttare un inghippo regolamentare per mettere in difficoltà i democratici.
Che, peraltro, ne hanno tanti di problemi al loro interno. La componente cattolica (capitanata dal viterbese Fioroni) batte i pugni e strepita soprattutto per la vicenda della “stepchild adoption”, letteralmente “adozione del figliastro”. Cioè il meccanismo che permette a uno dei membri di una coppia di essere riconosciuto come genitore del figlio, biologico o adottivo, del compagno. Possibilità che il ddl Cirinnà sulle unioni civili prevede anche per le coppie omosessuali. Che cosa ci sia di tanto strano in questa vicenda non si riesce proprio a capire. Forse un banale esempio, può servire a comprendere l’assurdità di certe posizioni. Supponiamo che un uomo (o una donna) abbiano un figlio avuto in una relazione precedente o anche adottato e supponiamo anche che questa persona si sia successivamente unita con un altro essere umano, appartenente al suo stesso sesso. Se il padre (o la madre) biologico o adottivo dovesse per caso morire, questo figlio che fine farebbe?
Meglio un altro papà o un’altra mamma o la vita in istituto? Su queste questioni assai concrete, bisognerebbe dare una risposta seria e non obnubilata dalle pur legittime questioni legate semplicemente alla propria fede. In un Paese realmente laico, civile e moderno possono tranquillamente coesistere cattolici, cittadini che non credono o che aderiscono ad un credo diverso da quello cristiano. Le leggi dello Stato valgono per tutti: quelle della religione solo per chi crede in quella religione. Basta rifarsi ad una quarantina di anni fa quando si registrò un’epica battaglia sull’introduzione del divorzio: sosteneva la Dc di quei tempi (capitanata da Fanfani) che quella legge avrebbe rovinato le famiglie. Niente di più falso: il divorzio è una possibilità che viene data a quelle coppie che non hanno più motivi per stare ancora insieme. Non è un obbligo, è solo un’opzione di civiltà. Che fissa diritti e doveri fra ex coniugi soprattutto verso gli eventuali figli.
La sintesi è presto fatta: il ddl Cirinnà va discusso e approvato al più presto, non mina le fondamenta delle famiglie eterosessuali, non lede i diritti sanciti dalle leggi. Amplia semplicemente tali diritti ad una platea di cittadini finora esclusa. Il cardinal Bagnasco faccia il prete e lasci perdere la politica e lo Stato. Altrimenti tutti si sentirebbero in diritto di metter becco sulle scelte e sulle decisioni della Chiesa e di papa Francesco in una commistione di competenze (e di poteri) che genera semplicemente caos.
Buona domenica.