22112024Headline:

Enel ha colpa a monte e Arsial a valle

L'allora presidente della Provincia Giulio Marini interviene sul dibattito del geotermico

Le serre, a valle

Le serre, a valle

Centrale geotermica di Latera: giorno tre. Dopo 48 ore di ricerche, di passeggiate in rete, di telefonate non risposte, il quadro comincia ad apparire un poco più chiaro. È tempo, quindi, di dare due cifre e – già che ci siamo – anche due colpe.
Dunque, come più volte sottolineato, la struttura è divisa a metà, tagliata dalla strada provinciale Valle dell’Olpeta. A monte troneggia (eufemismo) il casermone Enel. A valle ci stanno le serre (più allegati).
Partiamo dal cucuzzolo. Delle ciminiere poco si può dire. Se non che hanno funzionato col freno a mano tirato. Che sono state chiuse (insieme ai pozzi) poiché depurare i gas tossici sarebbe costato più del guadagno. Che Enel ha giurato di smaltirle, di potarsi via l’inutile, ma se ci si passa oggi le si trova come nel dì dell’apertura. Intatte, seppur sgarrupate.
La parte che invece meglio si concede al dibattito è quella in piano. L’area serre. Che, va ricordato se mai qualcuno avesse due spicci da investire, domani sarà battuta in asta al Tribunale di Viterbo (ore 11, previsto il deserto).

La centrale, a monte

La centrale, a monte

I tre ettari di vetro e acciaio sono stati montati per sfruttare i reflui di calore provenienti dall’alto (mai arrivati). Il pacchetto era di proprietà dell’Arsial e del Consorzio Co.Geoterm (che comprendeva Comune di Latera, Comunità montana Alta Tuscia e Amministrazione provinciale di Viterbo). Per costruirlo furono spesi la bellezza di sei miliardi e mezzo delle vecchie lire. Quattro e mezzo provenienti dall’Unione Europea, più uno a testa da Arsial e Comunità & Comune a braccetto.
Un investimento della madonna, per dirla come a Cambridge, che però aveva un senso. L’Arsial doveva infatti dare vita ad un centro sperimentale ortofrutticolo. Il Co.Geoterm prevedeva l’assegnazione di cinque moduli ad imprenditori del settore, per un’occupazione globale di circa 30 unità lavorative fisse.
Come andarono le cose? “Enel decise di chiudere praticamente subito – spiega Giulio Marini, allora presidente della Provincia – Così tentammo di salvare il salvabile. Pensammo di sfruttare almeno le serre. Di salvaguardare la popolazione locale. Ma, purtroppo, invano”.
Già, perché l’ortofrutticolo non partì proprio. Si tentò così la via (in formato ridotto) dell’acquacoltura, ma anche quella risultò in salita. Anzi, insormontabile. Come mai? “Quando si ha a che fare con un colosso, poco si può ragionare… – sempre lui – l’Arsial si tirò fuori, e le ditte dedite alla coltivazione di pesci ornamentali si trovarono malissimo”.

Cabine abbandonate al destino

Cabine abbandonate al destino

Non solo, dopo il danno anche la beffa. Le serre infatti, che non potevano sfruttare la geotermia, si videro costrette a dover riscaldare l’acqua con la corrente. Si spese molto, troppo. E ben presto arrivò (con quale faccia?) l’Enel a chiudere i rubinetti. Sospendendo la fornitura di energia. Le imprese Cooperativa Coipa e Latera piante srl, a quel punto, alzarono inesorabilmente bandiera bianca.
E chiudiamo tornando al 2016: cosa ci si può aspettare dal futuro? “Ad essere sinceri, credo ben poco – chiude Marini – quel progetto rappresenta un grande classico. Errori tecnici evidenti, sperpero di denaro, e a rimetterci sempre e solo i piccoli”.

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