16112024Headline:

Ciao Tuscia in jazz, ti ho voluto tanto bene

Maurizio Ferri, titolare del Blitz, spiega cosa perde la città con l'addio della rassegna

Concertino Tuscia in jazz al Blitz

Concertino Tuscia in jazz al Blitz

Dice, il Tuscia in jazz se ne è andato via da Viterbo. Già, si è trasferito a Castiglione in Teverina. E a chi importerà mai? Forse agli albergatori che non potranno concedere un tetto a centinaia di corsisti? Forse ai ristoratori, abituati a sfamare un discreto numero di bocche durante la rassegna? Forse ai titolari dei bar? Che di notte (e di giorno) godevano di una piacevole ondata di inediti clienti?
Proviamo a capirlo. Attraverso le parole di un disponibilissimo e non polemico Maurizio Ferri. Titolare del Blitz. Quel delizioso contenitore che nell’ambito del festival fungeva da frangiflutti.
Dottor Ferri, partiamo dall’inizio. Come ha cominciato a collaborare col colosso su pentagramma?
“Mi si presentò il direttore, Italo Leali. Che conoscevo solo di nome”.
E?
“E mi chiese semplicemente se volevo ospitare le jam”.
Che sarebbero?
“I concerti notturni. Quelli improvvisati”.
Lei cosa rispose?
“Sono incosciente per natura. Accettai subito. Non sapendo a che andavo incontro”.
Come finì?
“Incredibile. Tutte le sere un numero spropositato di ragazzi si dava il cambio sul nostro piccolo palco”.
Una bella sorpresa. Ma anche una bella spesa, si presuppone.
“In realtà mi trovai un poco in difficoltà”.
Perché?
“Non solo l’organizzazione non voleva nulla. Ma mi risultava difficile pure offrirgli una birra”.
E come ha saputo che tutto questo non succederà più?
“Pasqua si avvicinava, ho chiamato Italo per avviare le pratiche in Comune”.
La burocrazia…
“Già. E ci siamo salutati con la lacrimuccia”.

Una chicca: al centro Maurizio, a destra l'immancabile Simone, a sinistra Enrico Mianulli, del Tij

Una chicca: al centro Maurizio, a destra l’immancabile Simone, a sinistra Enrico Mianulli, del Tij

A proposito: ultimamente la movida notturna non è che piaccia poi molto.
“Facciamo chiarezza. Il Comune mi ha sempre dato permessi speciali”.
Quindi tutto regolare.
“Non mi posso lamentare. Va detto”.
Cosa verrà a perdere, invece, il suo locale?
“Moltissimo”.
Torniamo ai soldi, perciò.
“Chiaro che possiamo parlare di quelli. Ma c’è tanto altro in ballo”.
Sarebbe?
“Per una settimana, in quel periodo, pareva di stare in America”.
Visione romantica.
“Era assurdo, una miscela di musicisti in erba con una carica indescrivibile”.
Bella esperienza, insomma.
“Atmosfera vibrante. E nuove amicizie che poi si sono consolidate”.
A veder bene quindi, il Tuscia in jazz fa, faceva, cultura.
“Cavolo. Con la C maiuscola”.
E poi?
“Turismo. Turismo vero. Che si traduce in ‘pane’ per gli esercenti”.
Ci racconti una giornata tipo del suo bar in quel contesto.
“Dalle 8 di mattina alle 2 di notte un flusso continuo. Semplice”.
E una giornata speciale, allora?
“Mi ricordo una jam, credo fosse proprio Pasqua”.

Altro concerto, altri musicisti

Altro concerto, altri musicisti

Si.
“Si presentarono dei giovani alle 17. ‘Possiamo suonare?’, mi chiesero”.
Lei?
“E dateje, gli strumenti sono montati”.
Se ne pentì?
“Macché. Alle due di notte dovetti dirgli basta. Sette ore di musica no-stop”.
Manco a Woodstock.
“Roba da brividi. Ecco, questo era il Tuscia in jazz”.
E sopravviveremo senza?
“Si, purtroppo”.
Cosa vuol dire?
“Abbiamo appena festeggiato dieci anni di attività…”.
Ah ok, quindi ne avete viste di tutti i colori.
“Già, ma quelli di Italo erano veramente fichi. Peccato”.

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