Correva l’anno 2005. In inverno piovve di brutto. E finì che il fiume Marta allagò completamente il centro residenziale di Marina Velka. Coinvolgendo altresì anche il Lido di Tarquinia. Che si trova, logico, dall’altra parte del Marta.
Sul perché possa essere accaduta una cosa del genere se ne può dibattere all’infinito. C’è chi sostiene che una perizia geologica degli anni ’70 afferma che quell’area non sia adatta ad eventuali costruzioni. Poiché collocata sotto il livello del mare. Della serie: se l’acqua si alza, le case finiscono in ammollo.
Altri invece scaricano le colpe su chi ci vive, in loco (soprattutto d’estate). Come a dire: lo sapevate. Fatto sta però che da allora ad oggi i proprietari hanno pagato le tasse come chiunque altro (pure più salate, se si considera l’aspetto “seconda dimora”) e quindi è naturale che esigano un trattamento alla pari di chi è ubicato in paese.
Oltre il dibattito però, che lascia il tempo che trova, va sottoscritta la realtà odierna. Che vede un comitato, il “Marina Velka senza fango”, impegnato in una lotta per difendere i ditti di chi ha perso molto, se non tutto.
La diatriba è finita in tribunale. Laddove “La Regione Lazio è stata condannata, in ben due gradi di giudizio, a pagare noi cittadini alluvionati per i gravi danni arrecati dalla noncuranza del territorio e dal conseguente straripamento – scrive la presidente Elena Maria Scopellitti – Abbiamo vinto la causa, l’appello della Regione è stato rigettato e siamo riusciti a recuperare circa 1000 euro a testa grazie ad un pignoramento. Questa cifra è meno di un trentesimo di quanto sancito dal giudice”.
È già una notizia di questo tipo fa torcere le budella. Ma andiamo avanti. “Pochi giorni fa mi è arrivato un avviso di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate che poco cordialmente mi invitava a versare 2500 euro per la registrazione del decreto di assegnazione delle somme, nell’ambito del pignoramento, che spetterebbero al debitore e non al creditore – ancora lei – E poi mi sono arrivate altri 194 euro per la registrazione della sentenza di appello, che spetterebbero a chi ha intentato l’appello e lo ha perso e non a chi lo ha vinto”.
Come è possibile? Oltretutto, perché il totale arriva a lei e non agli altri? Che, tanto per dire, sono più di cento. “È perché sono la presidente e ho osato chiedere il rispetto dei diritti dei cittadini? – si domanda ironicamente – O sono particolarmente sfortunata? Perché quei soldi non vengono chiesti alla Regione, che stata condannata ed è debitrice?”. Ah, saperlo…