Acqua, ma quanto mi costi? La domanda è lecita, la risposta è cortesia. Specie in quei paesi della Tuscia che in questi giorni si sono visti recapitare delle lettere dalla Regione. Quei paesi che non sono entrati (o sono usciti in corso d’opera) da Talete spa, la società pubblica che gestisce il servizio idrico nella provincia di Viterbo.
Bene, cioè male. A queste amministrazioni è stato comunicato che entro il 1 febbraio prossimo venturo debbono fare una scelta: o mantengono da soli il loro dearsenificatore oppure lo passano in gestione a Talete. I dearsenificatori, già: quegli impianti installati dalla Regione stessa entro dicembre 2014, su ordine perentorio dell’Unione europea, che aveva intimato la misura dopo aver certificato che il livello d’arsenico nell’acqua viterbese era ben superiore ai limiti previsti, e dopo una serie di proroghe magnanimamente concesse da Bruxelles stessa.
La Regione aveva garantito che avrebbe pagato il mantenimento dei dearsenificatori per un anno. Ora che l’anno è scaduto, ecco il problema, specie per quelle amministrazioni che hanno deciso autonomamente e ragionevolmente di non aderire a Talete (in provincia ce ne sono diversi, da Corchiano a Gradoli, da Montalto a Vitorchiano). A queste sono arrivare appunto le lettere: o ve lo pagate da solo, il dearsenificatore, o lo passate a Talete. Nel primo caso, no problem: ve lo mantenete da soli, al costo di 200mila euro l’anno (perché tra manutenzione, cambio filtri, elettricità, questo costa), nel secondo caso ci pensa Talete. Con uno spiacevole contrattempo: agli utenti potrebbero arrivare due bollette. Una per l’acqua consumata, come sempre, l’altra per il pagamento del servizio di dearsenificazione affidato ad un altro soggetto.
La prospettiva, segnalata ieri sera dal sindaco di Tuscania (che di dearsenificatori ne ha due e che non è in Talete) Fabio Bartolacci, è questa. E il consigliere regionale Daniele Sabatini sta già preparando un’interrogazione a Zingaretti.