23112024Headline:

“Riforme, ecco come cambia la Costituzione”

Alessandro Mazzoli (Pd): "Importanti novità per rendere più snello lo Stato"

Montecitorio, sede della Camera dei deputati

Montecitorio, sede della Camera dei deputati

Istruzione, ricerca scientifica, politiche energetiche, sanità, assistenza sociale e infrastrutture. Con la legge di riforma della Costituzione su queste materie strategiche lo Stato rafforza il suo ruolo e aumenta la sua possibilità di intervento. Nei prossimi mesi Senato e Camera discuteranno nuovamente la legge e, se la approveranno senza modifiche, in autunno ci sarà il referendum popolare.  Qualora la riforma fosse poi approvata dal voto popolare, la Costituzione verrebbe cambiata.  La riforma modifica e completa quella del Titolo V del marzo del 2001, che ha introdotto il federalismo, correggendone le storture soprattutto nel rapporto tra Stato e autonomie locali.

Tra le principali modifiche, nel nuovo articolo 114 il riferimento alle Province scompare dalla Costituzione. Si completa così il percorso di riforma che ha trasformato le Province in enti di area vasta di secondo livello con funzioni limitate. Nell’articolo 117 la competenza legislativa concorrente scompare: la potestà legislativa è esercitata dallo Stato o dalle Regioni. Dopo anni di contenziosi e di ricorsi alla Corte costituzionale, la riforma chiarisce finalmente le competenze tra Stato e Regioni.

Lo Stato mantiene la competenza su politica estera, difesa, sicurezza interna e ordine pubblico, politica monetaria e risparmio, immigrazione, giustizia. La riforma assegna allo Stato la potestà legislativa in materie di interesse strategico nazionale che prima erano affrontate “in concorrenza” con le Regioni: istruzione; ordinamento scolastico; università e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica; tutela della salute e sicurezza alimentare; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive del lavoro; disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni; commercio con l’estero; tutela e valorizzazione paesaggistici; ordinamento sportivo; attività culturali e turismo; governo del territorio; protezione civile; produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia; infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione; porti e aeroporti.

Alle Regioni vengono assegnate le seguenti materie: pianificazione del territorio; programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali; promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; promozione del diritto allo studio; disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici; valorizzazione e organizzazione regionale del turismo. Viene introdotta la clausola di supremazia: su proposta del Governo la legge dello Stato può intervenire in materie regionali quando sia richiesto dalla tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica o la tutela dell’interesse nazionale.

Uno scorcio di Palazzo Madama, sede del Senato

Uno scorcio di Palazzo Madama, sede del Senato

Infine, l’autonomia fiscale degli enti territoriali (Comuni, Città metropolitane e Regioni) sarà esercitata in armonia con la Costituzione, secondo quanto disposto dalla legge dello Stato a fini di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. La legge dello Stato definirà indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno per promuovere condizioni di efficienza nell’esercizio delle funzioni degli enti territoriali.

Con la riforma viene anche superato il bicameralismo perfetto, snellendo in questo modo l’iter di approvazione delle leggi. Ecco cosa cambia nell’assetto del Parlamento: la Camera sarà l’unica a votare la fiducia,  i deputati restano 630 e verranno eletti a suffragio universale, come oggi;  il Senato continuerà a chiamarsi Senato della Repubblica, ma sarà composto da 95 membri eletti dai Consigli regionali (21 sindaci e 74 consiglieri-senatori), più 5 nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni. Avrà competenza legislativa piena solo su riforme e leggi costituzionali. Per quanto riguarda le leggi ordinarie, potrà chiedere alla Camera di modificarle, ma Montecitorio non sarà tenuta a dar seguito alla richiesta. Se il Senato chiede alla Camera di modificare una legge che riguarda il rapporto tra Stato e Regioni, l’assemblea di Montecitorio può respingere la richiesta solo a maggioranza assoluta. I nuovi senatori godranno delle stesse tutele dei deputati.

Previste anche importanti novità sui referendum.  Vengono infatti modificati i quorum di validità del voto per i referendum abrogativi: il quorum resta la maggioranza degli aventi diritto se la proposta di abrogazione è presentata da 500.000 firme, mentre scende alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei Deputati se la proposta è presentata da 800.000 firme. Introdotta anche la possibilità di indire referendum popolari propositivi e d’indirizzo e altre forme di consultazione popolari oggi non previsti costituzionalmente. La legge ne indicherà poi i metodi concreti di attuazione. Per quanto riguarda le leggi di iniziativa popolare, i regolamenti parlamentari dovranno garantire forme e tempi certi sia della discussione sia della deliberazione sulle stesse, che dovranno essere presentate da 150.000 elettori.

Con questo provvedimento il Governo e il Parlamento proseguono sulla strada delle riforme necessarie a modernizzare l’Italia, rendendola un Paese più competitivo e pronto ad accelerare sulla via dello sviluppo. Si tratta di un passaggio storico perché stiamo per concretizzare una riforma attesa da decenni, che chiude la seconda Repubblica e proietta l’Italia nel futuro, con maggiore credibilità in Europa e nel panorama internazionale.

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