Se fino ad oggi il sogno più ambito di ogni persona era quello di trovare un benedetto posto di lavoro, dopo aver letto i dati della Uil (che sono veritieri, e non pessimistici) forse sarebbe il caso di dirottare su un qualcosa di più sicuro. Nel senso stretto del termine, però. E cioè: va bene un’occupazione, ma che non sia pericolosa.
“Aumentano i morti sul lavoro in provincia di Viterbo – apre così Giancarlo Turchetti, segretario generale del sindacato – Il capoluogo si piazza al quattordicesimo posto a livello nazionale, in base all’indice di incidenza sugli occupati. Che passa dal 35.5 del 2014 al 62.1 del 2015. Il più alto mai registrato dal 2010”.
I dati provengono dall’Inail (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro) e, scorporandoli, si comprende bene una sola cosa: nel viterbese si registra la più alta incidenza di morti sul lavoro degli ultimi sei anni. Punto.
Scendiamo più a fondo. “Nella Tuscia – prosegue Turchetti – cala il numero degli occupati, passati dai 116mila del 2012 ai 112mila dell’anno appena trascorso, ma nonostante ciò aumentano i morti”.
Lo scorso 30 ottobre erano già sette, qui in provincia. A livello nazionale invece le vittime da gennaio a ottobre sono state 729, vale a dire 101 decessi in più rispetto al 2014.
Il tristissimo primato tocca alla Lombardia, con 108 unità. Seguono la Campania (73), la Toscana (65), il Lazio (62), l’Emilia Romagna (62), il Veneto (59), la Sicilia (53), il Piemonte (52), la Puglia (47), le Marche (24), l’Abruzzo (21), l’Umbria (20), il Trentino Alto Adige (17), la Calabria e la Liguria (14), la Sardegna (11), il Molise e il Friuli Venezia Giulia (10) e la Basilicata (9).
“Tra i settori più colpiti – ancora Turchetti – quello delle costruzioni, che conta 98 vittime. Le fasce di età più a rischio sono invece quelle dei quarantenni e cinquantenni”.
Un quarto dei decessi totali riguarda gli stranieri. A livello provinciale, infine, è Roma a guidare la classifica con 37 morti bianche. Seguita da Milano (32), Napoli (28), Bari (23), Brescia (20) e Torino (19).
Le cause? Dove vanno ricercate? “Un mercato del lavoro sempre più precario e violento – chiude Turchetti – dove a volte si muore per portare a casa quanto basta per tirare avanti con un carico di incertezze: un mercato del lavoro ingiusto che non riguarda più soltanto il futuro dei propri figli, ma la stessa sopravvivenza quotidiana”.