Il nuovo Codice degli appalti è una delle riforme più importanti che stiamo completando, soprattutto visto il periodo di crisi che attraversa il Paese. E può essere uno strumento utile per aiutare il sistema italiano a uscire dalle difficoltà. L’occasione di riordinare una materia così cruciale ci è stata data da tre direttive comunitarie definite di quarta generazione in quanto innovative nel collegare gli appalti alla strategia di Europa 2020 che tiene insieme l’economia dell’innovazione e della conoscenza. Queste direttive si ripercuotono sulla legislazione nazionale in termini di qualità delle norme, il ruolo degli operatori economici e quello delle pubbliche amministrazioni nell’affidamento delle commesse.
L’Italia spende più del 15% del Pil negli appalti pubblici per cui una normativa efficace ha un valore determinante al fine di ricostruire gli strumenti utili per far ripartire gli investimenti. Ereditiamo un codice e un regolamento che insieme assommano a oltre 600 articoli, a cui vanno aggiunte diverse norme sparse arrivate nel corso degli anni e le regole per la prevenzione delle infiltrazioni, contenute nel codice delle leggi antimafia. Questa mole di leggi ha provocato un aumento del contenzioso nell’affidamento, tanto da condizionare la credibilità del nostro Paese. Il recepimento delle direttive è stato pertanto utile per riordinare le normative, semplificare e rendere trasparente il sistema, garantire la concorrenza, qualificare la pubblica amministrazione, abolire le deroghe improprie e aumentare l’attenzione sulla spesa pubblica.
La semplificazione all’interno del nuovo codice si esplica in questo modo: il divieto di gold plating, ovvero di introdurre vincoli ulteriori rispetto a quelli contenuti nelle direttive; la scelta di sostituire il regolamento di attuazione con le linee guida, come indicato dal ministro Delrio, ovvero con indicazioni che forniscono una base certa e omogenea di comportamenti senza però allentare i controlli; la promozione di reti e sistemi informatici già sperimentati per la completa trasparenza del processo, dalla predisposizione del bando alla consegna dei lavori affinché tutto sia tracciabile; la riduzione degli oneri a carico dei soggetti partecipanti.
Per quanto riguarda la riqualificazione delle stazioni appaltanti, è stato introdotto un rafforzamento del controllo da parte della pubblica amministrazione che ha ora maggiori poteri di verifica. Sono state però inserite anche sanzioni in caso di controlli non efficaci. E’ stata confermata la premialità del 2% per i dipendenti pubblici che portano a compimento l’appalto nei temi stabiliti. Prevista poi una drastica riduzione delle stazioni appaltanti: per i Comuni non capoluogo si fa obbligo di aggregazione. L’Anac assorbe l’autorità di vigilanza sugli appalti e le viene riconosciuto un ruolo ulteriore anche attraverso la fase di indirizzo con atti come bandi tipo.
Questo nuovo sistema prevede che non ci saranno più deroghe o varianti in corso d’opera. Unica eccezione: eventualità non previste e non prevedibili. Le direttive europee si concentrano sul sistema della micro, piccola e media impresa perché per riattivare la ripresa economica va mobilitato un sistema imprenditoriale diffuso che ha bisogno di strumenti normativi nuovi. Anche su questo punto alla Camera si è fatto un passo avanti per agevolare le micro, piccole e medie imprese negli appalti pubblici con maggiori garanzie nel subappalto, prevedendo l’obbligo di gare per lotti separati e motivando quando non lo si fa. Viene introdotto il pagamento diretto al subappaltatore da parte della stazione appaltante. Si introduce una disposizione più severa verso le offerte eccessivamente basse e si preferisce il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa al posto del massimo ribasso. Viene, inoltre, previsto il divieto del massimo ribasso nella fornitura di servizi sociali e per le professionalità tecniche dei progettisti. E vengono introdotti parametri di qualità per la progettazione e realizzazione dell’opera.
Per le concessioni autostradali, si andrà all’80% a gara e al 20% in house dopo le modifiche apportate alla Camera. Inoltre, è stata inserita la clausola sociale per la tutela del personale impiegato nella società in house per cui il soggetto che subentra deve farsi carico dei lavoratori.
Per i grandi progetti infrastrutturali è prevista la possibilità del dibattito pubblico per interloquire con le popolazioni locali e recepire le loro proposte. La norma inoltre definisce il superamento della legge Obiettivo del 2001. Da allora al 2015 sono stati realizzati solo l’8% degli interventi previsti dalla stessa. Ora abbiamo uno strumento più semplice: un elenco di priorità redatte dal Governo d’intesa con le Regioni, le cui risorse sono previste nelle leggi di Stabilità.
Per l’esercizio della delega, terminato l’iter parlamentare siamo ora alla fase più delicata: quella della scrittura dei decreti attuativi. Ci sarà un’altra fase di consultazione e stando alle dichiarazioni del ministro Delrio, del vice-ministro Nencini e del presidente Anac Cantone, ci sarà un unico decreto attuativo entro aprile che consente di concludere il processo. Presto avremo quindi un nuovo codice con 200 articoli anziché 600. Il Parlamento, dopo il varo del decreto attuativo, ha 30 giorni per esprimere un parere e siamo a disposizione per ascoltare tutti i soggetti interessati anche durante il periodo di formalizzazione del provvedimento.