Don Antonio Mazzi a Viterbo per “Il Grande Albero”. Un musical, che nasce da una delle parabole del fondatore della comunità Exodus. Il tutto in scena oggi alle 21, presso l’Auditorium di Santa Maria in Gradi, all’interno del rettorato Unitus. Al centro i ragazzi, in particolar modo gli adolescenti e gli anni più delicati per la loro crescita e formazione. Un’iniziativa voluta da Juppiter e Comune di Viterbo, Assessorato alla Cultura. Don Mazzi è il fuoco d’origine di Juppiter, costola viterbese di un progetto nazionale di grande rilevanza e impatto che è appunto Exodus.
Come nasce, don Antonio, questa parabola moderna?
“E’ uno dei tanti modi che abbiamo trovato per parlare dei ragazzi e ai ragazzi. Lo facciamo con i linguaggi più significativi per loro: la danza e la musica e poi ci sono le riflessioni. Ci serviva un modo un po’ diverso per dire certe cose. Negli anni abbiamo realizzato un musical su Abele e Caino, poi è venuto ‘Il Grande Albero’. Quella dell’albero è un’immagine piena di significato. L’albero ha un tronco che produce radici e rami e attraverso l’immagine dell’albero possiamo raccontare le nostre storie, le nostre attività”.
A chi è rivolto lo spettacolo?
“A tutti, dai bambini di quattro anni a quelli sopra gli ottantacinque. Il messaggio che questo musical contiene è però rivolto in maniera principale ai genitori, perché parliamo della famiglia. Le famiglie devono essere consapevoli che non si vive solo per tirare a campare, come devono essere consapevoli di questo le istituzioni. Lo spettacolo è un momento di riflessione per tutti, un’occasione. Un’occasione per far capire che tutti, specie i ragazzi, abbiamo dentro un po’ di Caino e Abele, un po’ di amore e di odio, di furbizia e bontà. Si tratta poi ti tirare fuori il meglio da ognuno. ‘Il Grande Albero’ è una delle nostre parabole, che abbiamo inventato per affermare questa convinzione. La nostra prospettiva. Così anche le istituzioni devono capire che non ci sono i normali di cui occuparsi e che tutto il resto è roba per chi si impegna nel sociale. Tutto riguarda tutti. E, in particolare, le istituzioni e le famiglie devono comprendere che l’adolescenza è un momento delicato e oggi troppo sottovalutato. Qui si formano i ragazzi e bisogna fare attenzione, essere vigili”.
Cosa pensa della scuola di oggi?
“Penso che deve cambiare radicalmente, soprattutto la scuola media inferiore. Così come è fatta è solo un male. Agisce sui nostri figli in un momento delicato per il loro corpo, i sentimenti, la voglia di avventura. La scuola italiana deve smetterla di pensare solo alle nozioni, alla didattica. Deve capire a chi parla, chi ha davanti”.
E delle famiglie di oggi?
“Non sono peggiori di quelle di ieri. E’ solo cambiato il contesto storico e le famiglie vanno aiutate, accompagnate a capire questo cambiamento. Oggi c’è un disagio profondo e serve aiutarle a orientarsi, a comprendere cosa è importante per i figli che stanno crescendo. Questi incontri che facciamo servono a ciò. Con la consapevolezza che le famiglie oggi non sono peggiori di ieri e i ragazzi non sono problemi ma opportunità. Sono una somma di potenzialità straordinaria, solo che vanno interpretati in maniera diversa”.