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Cambiare uomini e idee per ripartire

Michelini ad un passo dall'addio: dove, quando e perché si sono commessi errori

Fioroni e Michelini: il regista e lattore principale

Fioroni e Michelini: il regista e l’attore principale

Vogliamo metterla sul piano calcistico? Allora dobbiamo dire subito che Beppe Fioroni, padre-padrone del centrosinistra viterbese e genius loci di quella che avrebbe dovuto essere l’amministrazione della rinascita per il capoluogo della Tuscia, s’è rivelato un pessimo allenatore. Pochi gol fatti e tanti subiti, insieme a una inenarrabile serie di batoste. Insomma, roba da team ultimo in classifica. Completamente sbagliata la campagna acquisti, peggio che mai la formazione (o meglio, le varie formazioni) messa in campo. Conclusione: un vero e proprio disastro, che la dice lunga sulle capacità manageriali del politico più pesante (in tutti i sensi) che opera all’ombra della Palanzana.

Il problema però è che, al contrario di quanto accade nel calcio, qui ad essere esonerato non è l’allenatore (che, anzi, è destinato a rimanere ancora bello saldo in piedi, Matteo Renzi permettendo), bensì il capitano della squadra: quel Leonardo Michelini, imprenditore di notevole successo, nel quale più di mezza città aveva riposto tantissime speranze, la cui unica colpa è stata quella di essersi fatto trascinare dalla corrente delle beghe politiche di bottega – corrente che col passare dei mesi s’è fatta sempre più vorticosa – e di non aver saputo tenere la barra dritta, invece, su quello che c’era da fare e non s’è fatto. Magari anche facendo in alcuni casi la voce grossa, avendo dalla sua parte l’enorme vantaggio di essere uno che con la politica non ci deve mangiare, al contrario di tanti nani e ballerine che in questi due anni e mezzo o poco più gli hanno girato intorno.

Sono trascorsi poco meno di mille giorni (per la precisione 959) da quel mitico 10 giugno 2013, che santificò Leonardo, primo sindaco viterbese eletto con uno schieramento di centrosinistra. Sembrava che quella rivoluzione di primavera – ottenuta passando anche per le primarie, in ossequio ai canoni della novella liturgia piddina – dovesse essere l’inizio di un nuovo Eden viterbese, per arrivare a realizzare la città dei sogni e dei desideri.

E invece? Tralasciando la cronaca di quanto accaduto in questi 31 mesi – chi ha seguito quotidianamente le vicende politiche di Palazzo dei Priori ne sa sicuramente molto più di chi scrive – si è passati di pantano in pantano, di bega in bega, di rimpasto in rimpasto, perdendo così di vista un progetto amministrativo che avrebbe dovuto rappresentare il vero salto di qualità per il capoluogo ed i suoi abitanti. Più che a un’idea di città si è pensato di volta in volta a sopire gli appetiti famelici delle cosiddette componenti (ma forse sarebbe meglio chiamarle bande). E in tutto questo bailamme, il sindaco spesso è rimasto a guardare. Nel senso che ha sempre cercato di barcamenarsi, magari aspettando che squillasse il cellulare per avere lumi e nomi, invece di tirar fuori quelle “ball of steel” che sarebbero state indispensabili in certi casi.

Leonardo Michelini il giorno dell'elezione a sindaco

Leonardo Michelini il giorno dell’elezione a sindaco

Volendo fare un paragone politico, la giunta Michelini ha assomigliato a quel governo Prodi nato dopo le elezioni politiche del 2006: quello con ben 13 partiti. Dove c’erano da Mastella a Bertinotti. E dove imperversavano i senatori barricadieri Rossi e Turigliatto. Quel governo durò fino al gennaio 2008 (meno di due anni), mentre la giunta Michelini – se sono vere le ipotesi di una sua debacle definitiva nei prossimi giorni – ha avuto, tra mille peripezie, una vita leggermente più lunga. Ma l’esito, che ormai sembra scontato, dimostra ancora una volta che la misticanza in politica non funziona. E’ servita per vincere le elezioni, ma s’è rivelata esiziale per governare.

E, volendo fare pedissequamente un’analisi inerente ai fatti accaduti, c’è pure da sottolineare che il colpo di grazia al sindaco imprenditore l’ha dato la nascita del cosiddetto cartello dei moderati e riformisti, nel quale – ahilui – il buon Leonardo Michelini s’è voluto infilare con tutte e due le scarpe. Ignorando – o facendo finta di non sapere – che quello stratagemma non aveva tanto fini locali, bensì nazionali. E non serviva nulla a lui, ma tantissimo al suo dominus.

Staremo a vedere cosa accadrà nei prossimi giorni, ma la sentenza ormai è bella che emessa: l’amministrazione Michelini è stata un fallimento totale. Quindi, meglio chiudere subito bottega e ricominciare a pensare al futuro. Possibilmente con idee diverse (e anche con uomini diversi). Facendo in modo, se possibile, che Beppe Fioroni sia sempre più impegnato nei lavori della commissione parlamentare sul sequestro Moro. In modo tale che non gli rimanga tempo per occuparsi anche di cose viterbesi.

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