23112024Headline:

“Tagli ai patronati per colpire i sindacati”

Cgil, Cisl, Uil e Acli contro il governo: "Stanno eliminando servizi essenziali e gratuiti"

Sindacati uniti contro l'ipotesi di tagliare 28 milioni di euro ai patronati

Sindacati uniti contro l’ipotesi di tagliare 28 milioni di euro ai patronati

Furto, appropriazione indebita, scippo, taglio. Comunque la si voglia definire, la vicenda della “sottrazione” ai patronati di tutta Italia di 28 milioni di euro (che andrebbero ad aggiungersi ai 35 già prelevati l’anno scorso) è e resta una vergogna. Perché la scelta del governo di inserire il provvedimento nella legge finanziaria non sta né in cielo né in terra. Non sono soldi dello Stato: sono somme che i lavoratori e le aziende versano costantemente in un fondo, il cui ammontare nel 2012 era di 495 milioni di euro.

Ma a cosa servono i patronati? La risposta è facilmente riscontrabile andando in uno degli uffici gestiti da Cgil, Cisl, Uil e Acli. Sempre tanta gente in fila, con una serie di problematiche: compilazione del 730 o il calcolo dell’Imu, richieste di disoccupazione, Isee. Per non parlare degli immigrati per i quali, molto spesso, si tratta dell’unico punto di riferimento per districarsi nei meandri della burocrazia. una serie di servizi gratuiti a disposizione di tutti, in particolare di chi non ha mezzi sufficienti o cultura adeguata per rispondere ad una pubblica amministrazione, spesso becera nelle sue richieste e comunque sempre esosa. No, i patronati devono poter continuare a svolgere le loro funzioni essenziali. Lo gridano a gran voce i segretari generali di Cgil (Miranda Perinelli), Cisl (Aldo Pascucci che, nella circostanza, sostituisce Rosita Pelecca), Giancarlo Turchetti (Uil) e i responsabili delle strutture viterbesi: Marilena Andreini (Cgil), Raffaele Amato (Cisl), Ilaria Palese (Uil) e Renzo Salvatori (Acli). Si pensi che nel 2014, secondo i dati ufficiali forniti dall’Inps, nella Tuscia sono state seguite e risolte circa 50mila pratiche, alle quali vanno aggiunte le consulenze (sempre gratuite). Una mole di lavoro che andrebbe a ricadere sugli uffici della stessa Inps che, per esplicita ammissione degli stessi responsabili, non sarebbe in grado di tener testa a nuove incombenze, vista la generale penuria di personale.

Insomma, un’azione di supporto alla pubblica amministrazione che di colpo verrebbe meno. Perché senza fondi sarebbe inevitabile una consistente taglio di addetti. Attualmente sono diecimila in tutta Italia, dei quali un centinaio nel Viterbese. Il calcolo porta ad una riduzione intorno al 30-40%. Non solo, ma sono stati fatti due conti anche sui costi e sui risparmi per lo Stato. Per ogni euro erogato, il risparmio per le casse pubbliche è di 68 centesimi: a fronte di 395 milioni erogati al Fondo Patronati (sborsati, vale la pena ripeterlo, da lavoratori e aziende), lo Stato risparmia poco meno di 270 milioni di euro. Inoltre, per ogni euro tagliato, l’erario dovrà spendere 1,68 euro. In sintesi se non ci fossero i patronati lo Stato spenderebbe la bellezza di oltre 664 milioni di euro. Con un taglio di 63 milioni (35 quest’anno e i 28 ipotizzati per il 2016), i maggiori costi per la fiscalità generale ammontano a quasi 270 milioni. Ma ne vale davvero la pena?

Il logo del patronato Acli

Il logo del patronato Acli

Proprio per cercare di bloccare questa sciagurata proposta, parte la mobilitazione: oggi ad Acquapendente, domani a Viterbo e a Civita Castellana sarà possibile aderire alle iniziative #iocimettolafaccia e #xidiritti. Inoltre, a breve sarà convocato un incontro con i parlamentari del territorio per spiegare che cosa realmente saranno chiamati a votare. La mobilitazione è nazionale, perché evidentemente il problema riguarda tutti.

Ultima, legittima domanda: ma perché il governo si è messo in testa un’idea del genere che comporterà semplicemente il dover far ricorso ai privati e quindi a spese ulteriori per i cittadini. Risposta corale: “Perché vogliono colpire il sindacato. Ma non si rendono conto che in realtà colpiscono la gente, soprattutto i poveri, quelli che campano con una pensione di 500 euro al mese”. Ma ne vale davvero la pena?

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