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“La vita silenziosa delle cose”, Sgarbi star

Inaugurata in Sala Regia la mostra di nature morte: rimarrà aperta fino al 30 gennaio

Vittorio Sgarbi in Sala Regia con il prefetto Rita Piermatti e il sindaco Leonardo Michelini

Vittorio Sgarbi in Sala Regia con il prefetto Rita Piermatti e il sindaco Leonardo Michelini

“La vita silenziosa delle cose”. Già, ma nel prestigioso allestimento in Sala Regia risuona il vocione di Vittorio Sgarbi, autentico protagonista dell’inaugurazione. Dovrebbe limitarsi ad una presentazione, magari breve, e invece parte non si ferma più. Con stoccate qua e là che colgono nel segno. Per esempio: “Siamo governati da imbecilli”. E perché professore? “Perché non capiscono la ricchezza del nostro Paese. Ci provo a dirlo e a ripeterlo. Niente da fare: più i palazzi sono pubblici, più sono inaccessibili. Incredibile…”. Eh sì, perché la mostra che approda a Viterbo arriva direttamente da Milano, dove era era stata visitabile a Palazzo Isimbardi, durante l’Expo. “I veri luoghi di Milano che dovevano essere sfruttati e invece solo in piccola parte l’occasione è stata colta”.

Sgarbi arriva in piazza del Comune accolto dall'assessore Barelli

Sgarbi arriva in piazza del Comune accolto dall’assessore Barelli

Discorso che invece ha recepito e concretizzato Viterbo con la decisione di portare il suo simbolo più importante, la Macchina di Santa Rosa, all’esposizione universale. Lo rimarca il sindaco Michelini: “Abbiamo accolto la proposta di Vittorio Sgarbi e i risultati si sono visti e si stanno vedendo: di noi, di Viterbo si parla sempre più spesso sui media nazionali, il numero di turisti cresce. Evidentemente l’idea era buona”. Il critico d’arte incassa e amplia il ragionamento: “Non ci voleva poi tanto per comprendere che il clou era lì in Lombardia. Altre città si sono chiuse in se stesse, mettendo su un ‘expino’ con un ‘loghino’: un fiasco. Penso ai Bronzi di Riace che sono rimasti a Reggio Calabria o alla Chimera che non si è mossa da Arezzo. O ad iniziative, anche lodevoli, sparse qua e là come l’Expo a Rieti… A che cosa è servito? Secondo me a nulla, Perché il clou era lì. Si sono contati 22 milioni di visitatori e di questi si calcola che almeno un paio di milioni abbiano visto da vicino la Macchina. Quanti 3 settembre ci sarebbero voluti per raggiungere un numero così ampio?”.”E queste persone – aggiunge – non solo potevano ammirare questo imponente monumento (che deve il suo successo anche al fatto che è un po’ un’americanata…) inevitabilmente, ma anche leggere spiegazioni, vedere filmati…”. Uno spot per Viterbo, e pure ben riuscito.

L'intervento di Vittorio Sgarbi

L’intervento di Vittorio Sgarbi

Il ragionamento non fa una piega, perché ormai Vittorio è un viterbese d’adozione (ha comprato una casa nella Tuscia, ma è ancora da ristrutturare: “Magari ci abiterò quando sarò vecchio…”). “Settembre – continua – è un mese densissimo di avvenimenti e appuntamenti dappertutto, ma quest’anno sulla mia agenda quella data è stata tenuta rigorosamente libera perché volevo esserci e partecipare. Io per Viterbo non ho fatto nulla se non mettere in evidenza ciò che ingiustamente era stato trascurato in passato. Qui ci sono due opere di Sebastiano del Piombo che giudico tra le più importanti nel panorama artistico italiano; la pala conservata, peraltro perfettamente, in cattedrale è di autori minori, ma non per questo meno bella e imponente. E così avevo pensato all’esportazione della Macchina a Milano: mi piaceva l’idea dell’avventura… Il comune ci ha creduto e il bilancio è sicuramente positivo”.

Il critico fa conversazione in Sala Regia

Il critico fa conversazione in Sala Regia

Professore, ci sarebbe anche la mostra… “E’ un’antologia – spiega – di nature morte dal Cinquecento ad oggi. Un genere che non muore mai, al contrario di altri che hanno vissuto momenti di splendore e poi sono finiti nel dimenticatoio. La natura morte, no: non tramonta mai. Perché fissa su una tela un momento che sopravvive agli uomini. Le cose, anche quelle più banali, non finiscono ma continuano pur se il loro proprietario non c’è più. Sono memento mori, sono vive e conservano una potenza espressiva anche se sono state dipinte secoli fa”. Ma ce ne sono anche di recenti, come un’opera del critico letterario Giovanni Testori.

Nell’allestimento, molto curato ed elegante curato dall’architetto Cesarini, spiccano alcuni capolavori: due tele di Evaristo Baschenis (famoso perché amava ritrarre gli strumenti musicali), tele di Andrea Benedetti, Giovanni Testori Vincenzo Campi, Carlo Magini, Ennio Morlotti, Giacomo Ceruti, Fortunato Depero. La rassegna (assolutamente da non perdere) resterà aperta fino al 30 gennaio; il costo del biglietto di ingresso è di 5 euro (meno di una pizza): previsti sconti e riduzioni per varie categorie.

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