L’aria è quella dei Cimini, non si scappa. Sono le nove e trenta del mattino e la consueta brezza prende ossa e pensieri. Lungo il vialone centrale ci stanno un signore che sorseggia con parsimonia il caffè, la tipa assonnata che alza la saracinesca del negozio, e la vigilessa che si ficca il taccuino delle multe sotto l’ascella, stile baguette. È un giorno come un altro, a Ronciglione. O almeno, lo è fino a quello slargo che tutti chiamano piazza ma che poi piazza non sarebbe.
Di lì, e a scendere verso la porta antica che apre alla strada romana, si snocciola una processione confusionaria di ragazzini. Almeno trecento. Coloratissimi. Gestiti con le buone e con le cattive dalle pazienti maestre. Dove vanno? Ma, come dove vanno? Al teatro Petrolini, chiaro. Per il primo spettacolo del Cubo.
Ed eccolo, il festival culturale meno invasivo del pianeta. Dopo tanto lavorare, in una città operosa e coesa che manco le api, finalmente si taglia il nastro. Inaugurando ancora una volta la manifestazione di massa con lo sguardo rivolto ai pupi. “Al futuro – dice l’ideatore Italo Leali – siamo qui perché voi non commettiate i nostri stessi errori. Ci crediamo. E perciò per prima cosa non lasciate il teatro sporco”.
Sul palco passa il film di Walter Veltroni: “I bambini sanno”. Una prospettiva inedita che racconta il mondo visto da una quarantina di occhi freschi. Il pubblico sbarbato, dopo urla e merendine, si zittisce. Applaude quando serve (e anche quando non), riflette, si emoziona.
Un’ora più avanti, senza ulteriori clamori e megafoni, nella sala conferenze Bcc, spunta dal nulla la iena Matteo Viviani. “Sarà venuto per cazziare il sindaco?”. No, tranquilli. È a Ronciò per presentare il suo libro, “La crisalide nel fango”. Un noir. Romanzo atipico d’esordio.
Lo ascoltano centocinquanta capocce. Leggermente più in là con l’età. Adolescenti in prima linea, curiosi sopra i trenta sullo fondo.
Sfruttare un volto televisivo per invogliare alla lettura è cosa fine, buona e giusta. L’esperimento riesce perfettamente. E poco importa che magari il testo non sarà mai un Pulitzer. Se si sono smosse coscienze, se si è creato interesse, l’obiettivo è bello che centrato. Per Petrarca, in fin dei conti, c’è sempre tempo.
In serata, ancora al Petrolini, sarà la volta di Paolo Villaggio. Ma nel mentre vale la pena di farsi quattro passi per il borgo.
Ronciglione è bella. È storia. È controsensi (non solo legati alla cartellonistica). È meglio di ieri, proprio grazie al Cubo. E forse peggio di domani.
Fuori alcune attività, e di lato a monumenti, fontane, pisciacane, si possono trovare cubetti e cubotti realizzati dai cuccioli. Sempre loro. Diventeranno un’opera collettiva chiamata #uncuboalcubo. Della serie: giovani artisti crescono.
Le prima giornata finisce così. E, a tirar un riga, è stata una benedizione. Piantata con delicatezza in un’epoca che vive ormai di ben altre storie. Cala la notte, torna il gelo. Ogni cosa si ferma. Ma poi (ri)spunta il sole. È ancora tempo di Cubo. È ancora tempo di respirare cultura.