Famiglia numerosa, Giulio Cianci?
“Eh, sì: cinque figli: io sono il terzo, due fratelli maggiori, due sorelle minori. Tutti in fila, a parte l’ultima: 21 anni, poi 20, io 19, la quarta 17 e la piccola 10”.
Vale la pena completare subito il quadro con il papà e la mamma.
“Tutti e due fisici: mia madre la insegna pure a Tor Vergata, mio padre lavora in un’azienda privata”.
E la ragazza?
“Valentina. Ci siamo conosciuti al liceo e all’ultimo ci siamo messi insieme. Sto molto bene con lei, anche se la vedo davvero poco”.
Esaurita la parentesi familiare, è il caso di parlare di basket.
“Ho cominciato prestissimo a nemmeno 3 anni. I miei fratelli più grandi ci giocavano: in palestra, un giorno non ho resistito e, nonostante non avessi l’età per iniziare, ho preso il pallone e da allora non l’ho mollato mai più”.
Insomma giocatore a tutto tondo.
“Non sono mica tanto sicuro…”.
In che senso?
“Questo è il mio primo anno da professionista ed è la prima volta che mi allontano da Roma, dove sono natoe cresciuto, quartiere Talenti”.
Allora?
“Non lo so. Certo, mi piace molto giocarci, ma fino a qualche mese fa era soltanto divertimento. Anche se…”.
Anche se?
“Beh, con la squadra degli amici di sempre, che poi erano anche i compagni di scuola, ho vinto lo scudetto Under 19 Elite con la Sam Roma. Andavamo in campo per divertirci e alla fine abbiamo centrato un traguardo enorme. Una soddisfazione immensa”.
Un successo che ha cambiato la vita di Giulio?
“In effetti è così. Il mio allenatore era molto amico di Umberto Fanciullo, l’attuale coach: in qualche modo, mi ha consigliato e sono venuto a Viterbo in prova. Qualche seduta e quando mi hanno proposto il primo contratto, ho avuto qualche titubanza”.
Problemi a casa?
“No, anche se soprattutto mia madre era abbastanza perplessa: avrebbe preferito che mi dedicassi di più allo studio. Alla fine, però, mi hanno lasciato libero di scegliere e ho deciso di venire”.
Pentito?
“Assolutamente no. Mi sono trovato subito benissimo e, nonostante qualche difficoltà logistica, mi sono abituato presto alla nuova vita”.
In fondo da Viterbo a Roma sono 70 chilometri o poco più…
“Non è questo. Ma fare la spesa, pensare alla roba da lavare o alle piccole incombenze quotidiane per me erano novità importanti. Acqua passata in fretta: adesso sto magnificamente con i compagni e gioco pure tanto. Molto più di quanto avessi potuto immaginare”.
E i genitori si sono rassegnati…
“No, sono felici anche loro e sono i primi tifosi. Non mancano mai in casa e anche fuori, quando le trasferte sono abbastanza vicine. Una domenica, mio padre era a Milano per lavoro e mia madre si è messa in macchina ed è venuta a Viterbo con la sorellina più piccola. A Venafro ci è venuta pure Valentina. Incredibile…”.
Intanto, l’università è cominciata…
“Mi sono iscritto alla Sapienza: ingegneria architettura. Cinque e tanti sacrifici da fare. Posso frequentare solo il lunedì. Per fortuna qualche collega mi passa appunti e dispense. E comunque a gennaio abbiamo un po’ di esoneri: devo mettermi a studiare seriamente”.
Ma perché alla Stella Azzurra si trovano tutti bene?
“La mia opinione è che, pur essendo una compagine di serie B, ha conservato lo spirito da squadra di quartiere, di vecchi amici: tutti si aiutano, si danno consigli. Non si pensa alle statistiche personali (che peraltro a me piacciono molto poco), ma al bene comune”.
Sembra più una regola di vita che di sport.
“Lo è. A me interessa più vincere che giocare bene”.
Perché le statistiche non vanno bene?
“Perché, secondo me, non sono realistiche. Se un compagno difende bene e costringe l’avversario ad un brutto passaggio, io posso intercettare il pallone: lo score mi assegna una palla recuperata, ma il merito vero non è stato mio”.
Bel discorso da parte di uno che di palloni ne recupera tanti…
“Mi piace prende il tempo all’avversario”.
Rimettendoci anche un gomito…
“Accade proprio qui al PalaMalè due anni fa con l’Under 19. Mi tuffai per prendere una palla che stava per uscire, finii quasi in braccio all’allenatore di casa, sembrava solo una botta e invece si era rotta la borsa con il liquido sinoviale. Da allora gioco con le gomitiere che, devo dire la verità, spesso mi hanno salvato”.
Quanto è forte l’Eurobasket?
“Tanto, la migliore in assoluto. Sanno sempre cosa fare. Ma ce ne sono altre ugualmente forti e le affrontiamo tutte in fila. Non dobbiamo abbatterci per l’ultima sconfitta, piuttosto non ho ancora digerito quella di Catanzaro. Meglio pensare alla prossima partita”.
Che cosa si può chiedere a Babbo Natale in arrivo?
“Nel basket tante vittorie”.
Personalmente?
“Devo dire la verità?”.
Certo.
“Non ho grandi cose da chiedere: vivo un momento felice in tutti i sensi”.
E invece i regali da fare?
“Non voglio pensarci. Tra fratelli, sorelle, genitori, ragazza e qualche amico intimo, mi parte tutto lo stipendio”.
Fra 10 anni come si vede Giulio Cianci: più ingegnere o più cestista?
“Devo dire la verità?”.
Assolutamente sì.
“Più ingegnere”.
Come mai?
“Il basket è fantastico, non ho pensato neppure lontanamente di praticare un altro sport, ma non si vive di soli canestri, Anche se infilare la palla nella retina dà una sensazione indescrivibile”.