Alla scoperta del cervello, l’autentica unità operativa del corpo umano, là dove tutto si decide e tutto avviene. Un organo dinamico: sede dei sentimenti e delle passioni, delle razionalità e delle emozioni, dell’anima e anche del cuore (e non è un obbrobbio anatomico). Giulio Maira, neurochirurgo di fama mondiale, ne parla non rispetto, ma anche come qualcosa che a lui è familiare. Ospite del Consorzio Biblioteche, presenta il suo libro: “Ti regalo le stelle”, una sorta di autobiografia in cui raccoglie le esperienze di almeno quarant’anni di studi, di ricerca e di professione. Padrone di casa, Paolo Pelliccia, autentico reuccio della Biblioteca consorziale che, tra innegabili difficoltà e continue restrizioni, continua a svolgere il suo ruolo di propulsore culturale.
Intanto il titolo. “Mi avevano proposto ‘Project brain’, ma non volevo qualcosa di scientifico. Ho scelto quello che ho scoperto nel corso degli anni: quando si sa che ormai manca poco alla fine della vita, i pazienti esprimono spesso il desiderio di rivedere il cielo stellato. E poi il cervello umano è un po’ come il firmamento: milioni di neuroni, come le stelle del cielo, non fissi ma tutti collegati intrinsecamente tra loro. E ancora, come diceva Kant, le cose importanti in un uomo sono due: il cielo stellato sopra e la legge morale dentro”. Nonno e padre medico e, sin da giovanissimo, la passione per la chirurgia: “Ma prima di dedicarmi a questo, per quattro anni seguii il dottorato in fisiologia perché volevo capire come funzionava questo organo decisivo. Morfologicamente la massa cerebrale è uguale per tutti, ma ognuno è diverso. Contrariamente a quanto si pensa, non invecchia mai perché si autorigenera: basta tenerlo in esercizio. Rita Levi Montalcini a 99 anni ancora progettava ricerche di alto livello…”.
“La professione di medico – scandisce il professor Maira, sollecitato da Pelliccia – dà molto, ma è molto di più quello che si riceve. Noi dobbiamo saper dare risposte perché chi è malato questo ci chiede: risolvere i suoi problemi, piccoli e grandi. E quando si è costretti a dire che non ci sono ancora cure per intervenire, allora deve intervenire la ricerca: perché quello che non si può curare oggi, possa essere curabile domani”.
Sotto le sue mani sono passati pazienti illustri: Giulio Andreotti, il cardinale Angelini (“Don Fiorenzo”, come lo chiama Maira), Francesco Cossiga, Renato Guttuso, Oscar Luigi Scalfaro. “Andreotti – ricorda – aveva un tumore all’ipofisi. Appena sveglio, dopo l’intervento, mentre gli spiegavo che era andato tutto bene, non perse la sua proverbiale voglia di battute: ‘Lei, professore, è l’unico a poter dire che io ce l’ho veramente un cervello…’. Scalfaro aveva lo stesso problema: una volta, mi invitò al Quirinale e per parlare con me fece aspettare un’ora Berlusconi, i presidenti di Camera (Pivetti) e Senato (Scognamiglio) e il sottosegretario Gianni Letta. Era il giorno dopo l’avviso di garanzia ricevuto da Berlusconi a Napoli”. Il che, per inciso, dimostra quanto il Cavaliere fosse simpatico al presidente della Repubblica… E ancora Cossiga “che arrivò alla visita di controllo come al solito sorretto dagli uomini della scorta: ‘Professore – mi disse – se qualcosa non è andato bene, questi ragazzi hanno l’ordine di sparare…’. Nella sua stanza aveva 5 computer, una decina di telecomandi e ogni altro aggeggio elettronico: un vero patito della tecnologia”.
L’incontro volge al termine, ma il tempo delle stilettate non è ancora finito. “Lo sanno tutti che il fumo fa male – sottolinea il professor Maira – ma il nostro è uno Stato malato: le sigarette le vende lui stesso, però sui pacchetti ci scrive che fanno morire. D’accordo ci guadagna, ma basta fare un po’ conti per comprendere che i soldi che si spendono per curare chi si ammala di cancro ai polmoni sono certamente di più”. E ancora: “Non è vero che l’Italia è povera e che non ci sono soldi per la ricerca. E’ vero invece che c’è tanta dispersione per finalità non corrette. La sanità è un colabrodo pazzesco. Prima lavoravo al Gemelli, uno dei migliori ospedali del Centro-Sud; adesso all’Humanitas di Milano: vi dico che il tempo necessario per preparare un paziente all’intervento a Roma è il triplo rispetto alla Lombardia. Perché? Non lo so, eppure sto parlando di due strutture ugualmente pubbliche”.
L’impegno di Giulio Maira, su sollecitazione del solito Pelliccia, è solenne: tornerà a Viterbo per trascorrere una mattinata con gli studenti a parlare di ricerca. Settore nel quale si impegna la Fondazione Athena, da lui stesso creata, e alla quale vanno i proventi del libro. La conclusione è un manifesto rubato agli ultimi istanti di vita di Giovanni Bollea, grande neuropsichiatra: “Si è vivi quando si è ancora capaci di sognare”. E quando abbiamo ancora la possibilità di ammirare il cielo stellato.