23112024Headline:

Viterbo e Luoyang, promessi sposi

E' stato compiuto il primo passo verso il gemellaggio ufficiale tra le due città

L'arrivo della delegazione cinese a Palazzo dei Priori

L’arrivo della delegazione cinese a Palazzo dei Priori

Mamma le cinese. L’esclamazione dialettale è d’obbligo, non tanto quando li vedi – ormai ci siamo abituati – ma quando li senti parlare. Di cose, di progetti, di idee, tutto sommato di soldi, il dio quattrino che ormai è più di là (in Cina, cioè) che di qua. Diamo loro la Macchina di Santa Rosa – incartata come un cioccolatino e spedita in Oriente – e loro realizzeranno qui un centro espositivo delle ricchezze, dei prodotti, made in China. Alla Volpara, laddove una volta c’era l’erba e ancora c’è, l’erba, nonostante le intenzioni decennali di volerci costruire, appunto, un centro espositivo.
Viterbo e Luoyang, futuri sposi. E poco importa se la prima ha una popolazione superiore di mille volte rispetto alla seconda (che fa sei milioni di abitanti, e forse quando arriverete alla fine di questo articolo saranno già diventati sette). Qui non è una questione di dimensioni, ma di feeling. Che ieri è venuto fuori dall’incontro ufficiale a Palazzo dei priori: è stato firmato un protocollo che presto porterà al gemellaggio. La figuraccia fatta qualche ora prima dalla maggioranza, con il consiglio comunale saltato per la mancanza del numero legale, è già evaporata, come quelle verdure che si cuocciono dentro lo wok.
Noi e loro siamo uniti da altre cose. Dalla storia, intanto: Luoyang ha cinquemila anni alle spalle, è stata capitale dell’Impero, ricevette una delegazione di antichi romani – come ha ricordato Eugenio Benedetti, l’imprenditore di Soriano che ha agevolato questo matrimonio, e che conosce a fondo la Cina – spediti sin lì da Marco Aurelio. Portarono doni, e a loro volta ne ricevettero da portare a Roma. Insomma, anche nel 185 avanti Cristo le cose già funzionavano così. Do ut des.

L'intervento del sindaco Michelini

L’intervento del sindaco Michelini

Ma oggi, cosa ci scambieremo? “Soprattutto rapporti, conoscenze, esperienze”, dicono il sindaco Michelini e l’assessore Delli Iaconi, durante la cerimonia ufficiale in Sala regia, davanti a pochi intimi (i viterbesi, evidentemente, avrebbero preferito un gemellaggio più affascinante, tipo con Paperopoli). E dunque: le nostre università si parleranno, i nostri turisti andranno in Cina e soprattutto i loro verranno qui. Gli imprenditori – tramite la Camera di commercio, che fa parte del progetto insieme a Fondazione Carvit e Sodalizio dei facchini e le ambasciate – faranno affari.
Il capo delegazione cinese parla e parla. Dice che loro hanno “un grande rispetto di Viterbo e della sua storia” (tutto molto orientale, il cliché è rispettato, mancava solo l’inchino). E invita gli amministratori viterbesi a Luoyang per aprile, per la grande festa della peonia. Pagano tutto loro, tranquilli.
Michelini spiega – anche con un filmato – cosa sia la Macchina: “E’ il nostro simbolo più importante, e siamo pronti a prestarvelo”. La battuta sul fatto che Fiore del cielo sia una cineseria e dunque potrebbe tornare finalmente in patria è cattiva, e l’hanno già fatta tutti. Poi dice della Volpara. Quindi tocca al funzionario dell’ambasciata cinese, che però parla inglese (l’interprete cinese, del resto, ha chiamato per tutto il pomeriggio Michelini “il sindaco Leonardo”): “E’ la seconda volta che vengo a Viterbo, la prima fu da turista. E’ una città meravigliosa”. Grazie. La firma sul protocollo sancisce il primo passo ufficiale verso il gemellaggio: “Abbiamo voluto fare tutto per bene, perché in questa cosa ci crediamo”, dice ancora il primo cittadino. Non resta che prepararsi per la prossima volta. E com’è che si dice “mancanza del numero legale” in cinese mandarino?

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