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Le Rsa viterbesi rischiano la paralisi

Situazione sempre più difficile: a rischio posti di lavoro e qualità delle prestazioni

A destra, Agatino Licandro, responsabile della RSA Viterbo, con Maria Laura Calcagnini, presidente Aforsat

A destra, Agatino Licandro, responsabile della struttura RSA Viterbo, con Maria Laura Calcagnini, presidente Aforsat

Se Sparta piange, Atene non ride. Pazienti e strutture sanitarie, due facce della stessa medaglia, due risvolti della stessa, surreale, vicenda che riguarda le Rsa viterbesi. Se, infatti, i pazienti e le loro famiglie vivono un momento di grandissima difficoltà a causa della scelta del Comune di Viterbo di non contribuire al pagamento delle rette anche per le fasce meno abbienti, la stessa situazione di estrema emergenza la stanno attraversando le strutture, che vantano crediti ingenti nei confronti di Palazzo dei Priori.

“Il Comune ci ha preannunciato un pagamento – afferma il dottor Agatino Licandro, responsabile della struttura RSA Viterbo -. Si tratta di circa 170mila euro che dovrebbero andare a saldare il 2013. Nonostante questa tranche, noi dovremmo avere dall’amministrazione comunale di Viterbo ancora altri 500mila euro circa. Un’enormità. È inevitabile che così si fa fatica a pagare i dipendenti, i fornitori, i costi energetici…”.
A cascata, infatti, le ricadute negative di quanto è seguito al taglio dei fondi regionali prima e alla discussa delibera comunale 142 del 2015, hanno interessato non solo i pazienti e i loro familiari, ma anche le strutture stesse, che si sono trovate in mezzo a due fuochi: da una parte i malati, che vogliono far valere i loro diritti e, facendo parte della categoria con reddito inferiore a 13mila euro annui, non hanno le risorse per pagare le rette per intero; dall’altra, il Comune di Viterbo che “salomonicamente” ha scaricato il peso e la responsabilità del supporto economico agli anziani su parenti e operatori del settore. I quali adesso sono arrivati al limite estremo e non riescono più a sostenere le spese per mandare avanti la baracca, alle prese con enti pubblici che non pagano.

“Comprendiamo le ragioni di tutti – riprende Licandro – ma i tempi di attesa delle decisioni degli organi istituzionali si sono allungati oltremodo. Mai prima d’ora si era aspettato così tanto e adesso siamo in emergenza completa. Con le famiglie che spesso fanno i salti mortali anche con risorse proprie ma che non sempre riescono a pagare le rette, di fatto le Rsa si sono svuotate e anche la Asl ha dovuto adeguare gli standard di assistenza in base ai posti letto realmente occupati. Purtroppo abbiamo dovuto registrare una diminuzione negli organici, anche se la nostra struttura continua a garantire altissimi livelli assistenziali, con 55 dipendenti a fronte di 60 posti letto”.

Alessandra Troncarelli, assessore comunale alle politiche sociali

Alessandra Troncarelli, assessore comunale alle politiche sociali


Una situazione insostenibile, che oltre a creare tutta una serie di difficoltà ai cittadini, comporta paradossalmente anche un aumento della spesa per i servizi sanitari: ogni giorno, infatti, un anziano ricoverato in ospedale costa circa 600 euro alla collettività. Costi che si abbattono, invece, se tali pazienti vengono assistiti nelle Rsa. Però è proprio in ospedale che le persone anziane e malate spesso vanno a finire quando sono costretti a rinunciare alle residenze sanitarie assistenziali perché impossibilitate a pagare le rette.

Un paradosso tutto viterbese, perché in tutti gli altri centri della Tuscia non esistono delibere svuota Rsa. “Nessuno dei Comuni della provincia in cui operiamo ha adottato simili provvedimenti – riprende il responsabile di Rsa Viterbo – solo a Viterbo c’è questa situazione. Le altre amministrazioni comunali hanno pagato le strutture ricorrendo a mutui della Cassa depositi e prestiti, Viterbo invece ha un bilancio sano e non lo può fare. Ma avere i conti a posto non può essere un disvalore, se a fronte di ciò rischiano di venir meno i servizi e l’assistenza agli anziani e ai malati”.
“Se gli organi giudiziari chiamati a discutere sul ricorso presentato dai familiari dei pazienti – conclude Licandro – dovessero confermare questo atteggiamento, alla fine ci troveremo con le strutture della provincia di Viterbo piene e quelle del capoluogo invece vuote”.

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