I 46 precari della Provincia di Viterbo tornano a farsi sentire con un’accorata lettera in cui sottolineano come, a distanza di ormai 11 mesi dal giorno in cui furono costretti a lasciare l’attività a Palazzo Gentili, nulla sia cambiato per quanto riguarda la loro situazione. Nonostante promesse e impegni da parte della nuova Amministrazione a guida Mauro Mazzola. La missiva condensa i fatti e le dichiarazioni che sino succeduti nel corso del 2015. Dall’intervento del neo presidente (maggio) in cui definisce “i 46 precari una priorità da risolvere” a quello seguente (luglio) in cui lo stesso Mazzola afferma che “non c’erano possibilità normative per riattivare posizioni lavorative in quanto vi era divieto per gli Enti in dismissione di stipulare nuovi contratti”. Gli ex dipendenti dell’ente ricordano però che “con l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 78 del 19 giugno 2015 (decreto Enti Locali) convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 6 agosto 2015 all’articolo 1, comma 7, è stata sancita, in deroga al blocco previsto dalla riforma delle Province, la possibilità di stipulare i contratti di natura flessibile già in essere nel 2014”. Un’opzione ad esempio sfruttata dalla Città Metropolitana di Torino che riattiva i contratti scaduti del personale precario.
Proprio su quella strada si muove la Fp Cgil, insieme alle altre sigle sindacali, chiedendo un incontro immediato all’Amministrazione provinciale di Viterbo “per poter valutare la riattivazione dei contratti dei 46 precari”. Inoltre, durante il convegno organizzato dal Pd nelle giornate del 18 e 19 settembre, i 46 precari insieme alla Fp Cgil ottengono chiarimenti da parte del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Marianna Madia sulla possibilità di risolvere il problema dei contratti scaduti. Il 21 settembre il presidente Mauro Mazzola riceve i 46 precari e i vari sindacati, durante il quale Cinzia Vincenti, segretaria provinciale Autonomie locali della Fp Cgil, indica una nuova strada da percorrere per poter riattivare i contratti scaduti. Su questa ipotesi, il presidente chiede ai sindacati di fornire una relazione dettagliata sull’applicabilità della attuale normativa alla situazione lavorativa dei 46 precari ormai disoccupati da 10 mesi. La Cgil consegna la relazione il 23 settembre ed il presidente si impegna a farla visionare da un “esperto” della materia per fornire “al più presto una risposta agli ex lavoratori”.
“A tutt’oggi – concludono i lavoratori – non abbiamo avuto ancora alcun riscontro ma siamo venuti a conoscenza che l’Amministrazione ha richiesto un parere circa la nostra situazione direttamente allo staff del ministro Madia. Dopo quasi un anno dall’interruzione dei nostri contratti siamo ancora in attesa di cosa? Di pareri? Di norme? Di risorse? La verità è che i precari sono disoccupati dal 1 gennaio e che non hanno visto alcuna differenza tra quanto vissuto in passato e quello che stanno vivendo ora, se non che negli anni passati almeno qualche mese hanno lavorato… Di chi è la colpa per questa situazione? Per noi noi cambia poco: quello che cerchiamo è impegno e volontà di risolvere il nostro enorme problema”.
Questa la situazione dei 46 precari, verso i quali non è mai banale né ripetitivo ribadire la completa solidarietà, ma qualche considerazione è doverosa per comprendere meglio. Innanzitutto, le posizioni ripetutamente e pubblicamente dall’ex presidente Marcello Meroi che ha sempre ribadito l’impossibilità normativa a poter riprendere in servizio quei lavoratori, nonostante una ricerca meticolosa per scovare appigli di qualsiasi genere per consentire il rientro. Tanto che le prime dichiarazioni aperturistiche di Mazzola avevano suscitato le perplessità del predecessore in quanto non basate su reali dati di fatto supportati da adeguati riscontri legislativi. C’è poi il problema relativo ai fondi: che sono limitati e sufficienti per concedere qualche mese al massimo di part time. Si dirà: meglio di niente. E’ vero, ma il problema di fondo non si risolve. Ma c’è soprattutto un’altra questione fondamentale: proprio qualche giorno fa, la Regione ha deciso di riassorbire 560 dipendenti in esubero delle ex Province. E di questi 42 appartengono all’ente di via Saffi: alla firma dell’accordo era presente lo stesso Mazzola. Umilissima domanda: come è possibile pensare che la Provincia di Viterbo “ceda” 42 lavoratori alla Regione e, dopo qualche tempo, ne prenda in carico nuovamente altri 46? E’ questo lo snodo cruciale di una vicenda, triste e dolorosa sul piano umano, ma legata a disposizioni che non pare possibile aggirare. Forse sarebbe il caso di mettersi l’anima in pace e di pensare ad altro. Sebbene si registri qualche timido segnale di inversione di tendenza, lavoro non ce n’è: il vero dramma è questo.