Ula (Unione lavoratori aggratis ) è la una nuova sigla sindacale in Italia che si prefigge di esplorare l’enorme mercato del lavoro gratuito da sempre non regolamentato e tenuto fuori dalle politiche delle produttività. “Purtroppo – afferma la dottoressa Zazzetti, segretario dell’organizzazione – i vecchi sindacati sono sempre stati legati al pregiudizio ideologico che lavoro, uguale, salario. Oggi ci siamo liberati da questa idea. Lo stipendio è ormai un concetto vintage. Il lavoratore aggratis una volta firmata la sua disponibilità si impegna a rispettare tutte le regole, come se fosse un lavoro regolarmente retribuito. Non c’è nessun pericolo che tale lavoratore, si possa assentare dall’orario di lavoro o esimersi dal fare gli straordinari. Se così accadesse, ogni agenzia di collocamento provvederebbe a bollare, di rosso, la scheda del lavoratore”.
Questo è u nuovo modo di approcciarsi alle tematiche del lavoro. Infatti, secondo l’Unione lavoratori aggratis si dà la possibilità all’economia di ripartire e, contemporaneamente, le nuove generazioni possono entrare nel mondo dell’occupazione e fare esperienza.
In poco più di due mesi, ci sono state più di duemila adesioni al sindacato. Tanti ragazzi hanno avuto la fortuna di formarsi e lavorare aggratis. Marco, un ragazzo che da nove mesi è occupato presso una ditta di ceramica, afferma di non sentirsi affatto sfruttato: “Meglio lavorare aggratis che ciondolare dentro casa o sul divano. Così ho avuto la possibilità di conoscere tante persone meravigliose”.
La notizia della creazione di questa nuova sigla è stata battuta da un solo telegiornale, il TG Porco, ideato e condotto da Sabina Guzzanti. Naturalmente, la notizia non è reale ma forte è stato l’impatto sull’opinione pubblica. Chi non ha mai lavorato aggratis? Chi, spesso, effettua lavori e mostrando la fattura, si sente rispondere che non è possibile pagare? Molte persone pensano che scrivere un articolo, occuparsi del marketing, girare un video, fotografare, recitare, ideare campagne di sensibilizzazione etc, non siano veri e propri mestieri. Il lavoro intellettuale è duramente penalizzato al giorno d’oggi. Forse perché tutti, questo anche grazie allo sviluppo della tecnologia e dei social media, si sentono un po’ autori, scrittori, fotografi e creativi. La qualità non è più una delle prerogative che faceva scegliere un professionista. Ora ci si accontenta di chi si improvvisa. Costa molto di meno e il più delle volte non ha coscienza critica.
Ogni lavoro dovrebbe essere remunerato perché il lavoratore impegna la sua esperienza, la sua passione il suo tempo per la riuscita o la soluzione di un problema. Il lavoro intellettuale, poi, genera prodotti come il lavoro materiale. Come si paga un idraulico che sostituisce un tubo, si dovrebbe pagare un’idea che permetterà al giornale, ad un’azienda o un ente di migliorare la sua produzione.
Emanuela Dei