C’era una volta un re… Iniziavano così le vecchie favole. In questa storia si parla più che di un re, di un reame: quello del formaggio de I Buonatavola Sini e della capacità di rispettare il lavoro di chi ci ha preceduti, ma bisogna fare attenzione perché è un racconto a più livelli.
Tutto ebbe inizio ai primi del ‘900, quando Fulvi iniziò a salare, stagionare e distribuire il pecorino romano prodotto dai pastori nelle campagne viterbesi e nell’Agro Romano e cominciò a esportarlo negli Stati Uniti. Nelle foto che ancora oggi sono appese nello stabilimento si possono vedere le ampie casse di pioppo che custodivano le grandi forme di pecorino romano da 16/18 kg. Visto il successo, Fulvi creò presto uno stabilimento a Viterbo per la produzione e sull’etichetta, proprio a sottolineare il lungo viaggio che le forme dovevano affrontare per arrivare sulle tavole americane, era apposta un’ancora che continua oggi a identificare il prodotto.
La popolarità del pecorino romano Fulvi oltreoceano era presumibilmente legata anche alla grande migrazione che da fine ’800, ma negli Stati Uniti soprattutto ai primi del ‘900, portò molti italiani a cercare fortuna nel nuovo continente. Sta di fatto che le esportazioni furono una voce importante per questa realtà che riuscì a crescere fino a creare nel 1957 un grande stabilimento a Nepi, quello stesso che circa 20 anni più tardi fu acquistato dai Sini, una famiglia di allevatori di Vetralla. E qui si apre un’altra storia con un altro inizio che parla di quando i Sini da allevatori si trasformarono in produttori di caciotte romane. Infatti dovendo utilizzare il latte che gli usuali commercianti non acquistavano più, i Sini iniziarono a farne delle caciotte nella vecchia stalla. L’ottima qualità del prodotto aveva fatto lievitare le richieste e si rendeva necessaria una diversa organizzazione e soprattutto nuovi locali. Nella ricerca di un piccolo caseificio o di un posto dove fondarlo, i Sini vennero a sapere che Fulvi stava vendendo, è nata così una nuova grande realtà del formaggio sulla via Cassia a cui si aggiungerà nel 2006 l’azienda “Il Casaro”, produttrice di una linea di caciotte da tavola tipiche del Reatino.
E qui siamo arrivati al terzo ramo della storia, quello che ha portato Giuseppe Capuani nel 2004 ad acquistare I Buonatavola Sini. Uomo serio, concreto, con una lunga esperienza nel campo maturata proprio all’interno dello stabilimento, Giuseppe Capuani ha una visione attenta e nitida del suo settore come dice la nostra amica gourmet Marianna Maiorino che lavora qui e ha fatto da tramite per l’incontro. “Appena diplomato all’Istituto Nautico ho iniziato a lavorare come venditore per una nota casa di patatine. Poi ero passato alla vendita del formaggio, ma la ditta per cui lavoravo non se la passava bene. Fu così che conobbi Sini. Era il 1977. Ho iniziato come venditore, poi grossista, infine sono diventato il suo braccio destro. Fino al 1990 sono stato qui, poi per 10 anni mi sono occupato di altro. Nel frattempo purtroppo le cose non andavano benissimo per I Buonatavola e si presentò l’occasione di comprare. Avevo imparato a conoscere l’azienda e la sua storia, a capire i passaggi necessari per fare un buon formaggio, avevo imparato ad assaggiare e decisi di affrontare questa sfida. Non fu facile riconquistare credibilità e fatturato, ma alla fine ci siamo riusciti”.
“Ho puntato molto sulla qualità e sulla Grande Distribuzione. Oggi l’azienda è in crescita e stiamo conquistando nuovi mercati. Il pecorino romano, grazie anche a una ritrovata passione per la cucina, comincia a uscire dal ristretto circuito di Lazio, Campania e Abruzzo dove era conosciuto per la transumanza. C’è una buona domanda per esempio anche da Milano. Proprio per rispondere meglio alle esigenze dei consumatori abbiamo messo in commercio le confezioni di pecorino grattugiato e a breve usciremo con le porzioni di cacio e pepe calcolate per 2 etti di spaghetti. Oggi la maggior parte del pecorino romano è prodotto in Sardegna ed è differente da quello del Lazio, seppur accomunati da un’unica Dop che però ci consente di aggiungere la regione in etichetta. Il nostro quindi esce come pecorino romano del Lazio Dop. Nella nostra regione una buona fetta di mercato è stata lasciata libera da molte aziende che sono scomparse. Negli anni ’70 in zona se ne potevano annoverare circa 30, ora per contare chi è in attività, le dita di una mano sono troppe”, sottolinea Capuani.
Passiamo davanti alla zona salatura, poco oltre ci sono le forme di pecorino romano allineate che resteranno in paziente attesa per 16-18 mesi prima di essere messe in commercio. “Fulvi è stata una realtà importante per la Tuscia, era arrivata ad avere 35 autocarri per i trasporti. Un’azienda moderna che alla modernità ha pagato lo scotto del fallimento. È stato infatti l’acquisto di vasche olandesi polivalenti non adatte al nostro latte e al nostro formaggio che ha creato problemi alla produzione. Ma non si possono dimenticare le navi cariche di forme Fulvi, quell’ancora che continua ad essere richiesta Oltreoceano. Oggi I Buonatavola Sini raccoglie e porta avanti le tradizioni di chi ha contribuito in diverso modo a crearla”, conclude con timido orgoglio Giuseppe Capuani porgendo un assaggio delle forme di pecorino pronte a partire per gli Usa.