Quale futuro per la sanità italiana? Titolo tonitruante e argomento che neppure 137 tavole rotonde riuscirebbero ad esaurire, in maniera compiuta. E infatti, tanti (troppi) interventi spaziano attraverso l’intero scibile delle problematiche legate alla salute, all’assistenza, agli ospedali. Per carità. argomenti interessantissimi, ma magari a chi in questa terra risiede interesserebbe molto di più conoscere il futuro della sanità viterbese e, più in generale, della Tuscia. Premessa doverosa perché comunque l’iniziativa dell’Unione comunale del Pd (cioè l’ala dei fioroniani duri e puri) è meritevole perché mette il dito in un argomento che, prima o poi (scongiuri d’obbligo), tocca direttamente tutti.
Padrone di casa, il segretario comunale Stefano Calcagnini, gran cerimoniere l’onorevole Giuseppe Fioroni, ospite d’onore il sottosegretario Vito De Filippo. E poi Roberta Chersevani, presidente nazionale dell’ordine dei medici, e Barbara Mangiacavalli, presidente del collegio degli infermieri. Moderatore Cesare Fassari, direttore di Quotidiano Sanità. “La sfida – scandisce De Filippo- è arrivare ad un sistema nazionale, assolutamente pubblico, efficiente e uniforme in tutta Italia. A questo punta la finanziaria attualmente in discussione”. Conseguenze? Centrale unica di acquisto per razionalizzare e uniformare le forniture in tutte le strutture sanitaria italiane e archivio informatico elettronico che vada a sostituire i faldoni cartacei che ancora oggi, anno di grazia 2015, intasano e riempiono stanzoni e uffici. La conclusione non ammette repliche: “Non possiamo più finanziare diseconomie”.
A dare fuoco alle polveri ci pensa la consigliere comunale Martina Minchella, delegata appunto alla sanità: “Io non ero ancora nata e già si parlava di completamento di Belcolle. Che fine ha fatto il famoso corpo A3? E perché da ottobre non è in funzione l’ambulatorio di cardiologia pediatrica, uno dei tre che operano nel Lazio?”. Ma il bello deve ancora arrivare perché quando prende la parola l’ex ministro arrivano i fuochi d’artificio: “Belcolle è un ospedale da terzo mondo. Un’autentica vergogna già sanzionata nel 2005. Da allora che si è fatto? Perché i lavori sono eternamente bloccati? Vanno individuati i responsabili di questi ritardi inconcepibili ritardi e chiamati a pagare i danni, economici e morali verso i cittadini. E la Asl si dovrebbe costituire parte civile”. E poi: “I veri danni nella sanità non derivano dalla lottizzazione dei direttori generali delle Asl, ma dalle scelte degli operatori. I privati? Hanno un ruolo importante e possono dare una mano al pubblico: inconcepibile che non si concedano gli accreditamenti anche a chi ha le carte in regola. Perché la competizione vera si fa sulla qualità”.
Il consigliere regionale Enrico Panunzi è già intervenuto ed è andato via (anche se si aggira all’esterno dell’Hotel Salus Terme) ma un qualche fischio d’orecchie deve essergli pur arrivato. Aveva rivendicato il ruolo svolto dalla Regione targata Zingaretti: “Al nostro arrivo abbiamo trovato miliardi di debiti. Oggi, stiamo per uscire dall’insopportabile commissariamento, tanto che già dall’anno prossimo si comincerà ad assumere: nei prossimi tre anni ne sono previste 1200, la metà delle quali riguarda i precari. E comunque basta con i pellegrinaggi per curarsi”. La neo direttora generale della Asl Daniela Donetti si scalda pure lei: “La mobilità passiva (cioè i soldi che l’azienda sanitaria spende per pazienti che vanno a curarsi da un’altra parte, ndr) costa 110 milioni di euro l’anno, su un bilancio complessivo di 475. Una cifra che appesantisce considerevolmente i conti. Ci siamo chiesti il perché?”. La risposta si può riassumere così: “La Asl non sa intercettare le esigenze dei cittadini, non sa leggere i loro bisogni e non riesce a dare risposte concrete”. E allora come si interviene? “Operando sul territorio, per esempio attraverso le reti: quella diabetica, in poco tempo, ha già oltre 11mila utenti. Integrando le prestazioni con la teleassistenza ed eliminando doppioni: penso a quanto vicini siano gli ospedali di Tarquinia e Civitavecchia. Ma bisogna mettersi in testa che nella sanità bisogna investire”. Il sindaco Michelini resta nell’ambito istituzionale rivendicando alla sua amministrazione interventi di “sussidarietà come l’apertura dell’ambulatorio al Carmine. Dove si possono curare tutti, anche gli extracomunitari, che magari non ne hanno i mezzi e forse neppure sono censiti”.
Al netto delle tante cose dette, pure condivisibili, la domanda è: perché non si completa l’ospedale di Belcolle? Risposte concrete non ce ne sono. Tutto rimandato al prossimo convegno.