“Sono stato oggetto di un linciaggio mediatico, hanno distrutto la mia immagine, la mia personalità, la mia figura a livello umano e professionale. Sono stato usato per colpire politicamente il nemico con giornali, televisioni, ricerche, pedinamenti”. Il “nemico”, in questo caso, era Gianfranco Fini, allora presidente della Camera e cognato di chi ha pronunciato le parole in apertura, cioè Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Fini, Elisabetta.
La storia, controversa, è quella della casa di Montecarlo, che cinque anni fa fu al centro di una bufera mediatica con tanti protagonisti eccellenti, e con la Viterbese di mezzo. Già, perché tornando ancora più indietro, nel 2000, l’Unione sportiva Viterbese (poi fallita) era di proprietà di Luciano Gaucci, allora fidanzato con la Tulliani, e Giancarlo ne fu dirigente. Oggi, dopo la querela di Tulliani a Gaucci per diffamazione in seguito ad alcune dichiarazioni rilasciate alla trasmissione televisiva L’Infedele, si sta celebrando il processo a Roma. A Gaucci, difeso dall’avvocato Oscar Uccelli e residente a Santo Domingo, l’ex cognato ha chiesto anche un risarcimento danni di 200mila euro. Di qui la ricostruzione di Tulliani, ascoltato in tribunale lo scorso maggio e riportata dal quotidiano Il Tempo sabato, con ben due pagine dedicate.
Al di là della vicenda più grande, vale la pena citare i passaggi che riguardano la Viterbese e quella stagione (1999-2000) che vide i gialloblu lottare per la promozione in serie B – poi perduta ai playoff con l’Ascoli – in un turbinio di giocatori, dirigenti, allenatori, ritiri punitivi e polemiche. “All’epoca mia sorella aveva una relazione con il signor Gaucci, che aveva questa squadra di calcio che aveva acquistato da poco tempo. Tra noi c’era qualche telefonata per un resoconto a fine giornata, ma nessun rapporto umano, nessuna confidenza. Non avevo un rapporto di frequentazione con questo signore. Ero appena uscito dagli studi, all’epoca avevo 26 anni e mi piaceva il calcio., Ho detto: faccio questa esperienza. Ero un dirigente, una supervisione, gli facevo un resoconto della giornata. Da quando se ne è uscito con queste dichiarazioni pubbliche (cioè nel 2010, ndr) non ho avuto più a che fare con lui. Non ero stipendiato, non avevo ruoli operativi. Ho avuto rapporti con il direttore sportivo Ernesto Talarico”.
E qui si apre un’altra storia poco chiara. Perché Talarico parlò di una telefonata registrata in cui Tulliani avrebbe proposto di vendere dei giocatori della Viterbese ad un prezzo differente di quello ufficiale. Telefonata che anche la segretaria dell’epoca di Gaucci avrebbe ascoltato, ma il cui nastro sarebbe andato perduto. Tulliani, dal canto suo, nega che quella conversazione sia mai avvenuta: “Talarico ha risposto al giornalista che il nastro gli sarebbe stato sottratto, non sa dove né quando. Quindi la prova di tutto non c’è, io ho appreso la notizia dai giornali e mi sono indignato”.
Talarico, dal canto suo così ha ricordato quel periodo: “Tutti sapevamo che Tulliani era il cognato di Gaucci e che svolgeva un ruolo di consulente tecnico, lo rispettavamo. Ad un certo punto ha iniziato a intromettersi un po’. Mi chiamava continuamente, mi diceva ‘facciamo la campagna acquisti insieme’. Questo mi dava fastidio, sia nelle scelte giuste sia negli errori volevo essere io a metterci la faccia. E siamo andati allo scontro”. Talarico quindi ne parla con Ermanno Pieroni, allora direttore sportivo del Perugia: “Mi confidai con lui e mi consigliò di registrare una di quelle telefonate (ma oggi Pieroni dice di non ricordare, ndr). Il Perugia allora era una sorta di casa madre per la Viterbese. Ci vedevamo spesso, ci scambiavamo i giocatori”. Infatti a fine stagione, quando Gaucci cedette la Viterbese ad Aprea, finirono a Perugia alcuni gioielli gialloblu, da Di Loreto a Testini, da Liverani a Baiocco.