Chi, il triangolo, non lo aveva considerato, dovrà ricredersi. Alla faccia di Renato Zero. Perché è proprio alla più semplice (o meno complessa) delle figure geometriche che bisogna affidarsi per comprendere come funzionerà il rilancio del termalismo a Viterbo. Di questo si è parlato e si è discusso nella convention in Sala Regia, guidata con mano ferma dalla consigliera comunale Melissa Mongiardo (“Eh no, le domande tutte alla fine e interventi sintetici, mi raccomando”), convocata dall’amministrazione comunale (il Pd non c’entra e nemmeno le sue variegatissime anime) per illustrare lo stato dell’arte di una materia che è (dovrebbe e/o potrebbe essere) fonte di sviluppo economico consistente.
Meglio tornare alla geometria e al triangolo di cui sopra. Intanto qualche numero, tanto per restare in tema. Il bacino termale viterbese occupa una superficie di circa 30 chilometri quadrati, per una lunghezza di 13 chilometri (metro più, metro meno) dal Bagnaccio (sulla Verentana) alle Masse di San Sisto e una larghezza di 2. Un invaso non immenso (parola di geologi), ma con una disponibilità di acqua superiore, ad esempio, di quella di Abano, dove attorno ai fanghi ci hanno costruito una ricchissima economia che tira praticamente tutto l’anno. La portata? Secondo lo studio del professor Vincenzo Piscopo (Università della Tuscia) e relativo agli anni 2008 – 2010, è di circa 80 litri al secondo. Ma potenzialmente potrebbero essere anche 150, a patto che cessino sprechi, abusivismi e usi impropri (c’è che ci innaffia il cavolo romanesco e la rucola…). Non tutta l’area ricade comunque sotto la giurisdizione del Comune di Viterbo che invece detiene la concessione solo per il polo centrale (quello del Bullicame, per intendersi) che è anche il più importante e il più “stressato” quanto a prelievi; ci sono poi il polo settentrionale (Bagnaccio) con importanti presenze di fanghi (utilizzatissimi, come si sa, sul piano terapeutico: Abano docet…) e quello meridionale (San Sisto). E la qualità? Ottima per la presenza di anidride carbonica, solfati e idrogeno solforato: lo ha certificato anche una recente inchiesta pubblicata dall’Ansa.
Ma torniamo al triangolo che, come si sa, ha tre vertici. Al primo ci sta il Comune di Viterbo: ha chiesto alla Regione di ampliare i confini della concessione inserendo la sorgente delle Zitelle che andrà ad alimentare le future terme Inps; vuole una mappatura puntuale della portata per sapere con precisione qual è l’acqua realmente disponibile e per dare così certezze agli imprenditori che già operano e a quelli futuri: la concorrenza è l’anima del commercio (non è proprio così, ma ci sta bene); vuole spuntare le ali agli abusivi: recentissima un’ordinanza del sindaco che impone l’installazione dei contatori per verificare a quanto ammontano gli emungimenti (chi sfora, sarà punito); vuole dare impulso al termalismo libero (bagno gratuito per tutti; si pagano solo i servizi); ancora, chiusura dei pozzi obsoleti (che fanno molti danni) e nuove perforazioni mirate. E vuole, soprattutto, tutelare (le riserve non sono né infinite, né totalmente rinnovabili) e rilanciare (con l’ingresso appunto di nuovi soggetti).
Il secondo vertice è l’Europa, una delle ormai pochissime istituzioni in grado di metterci un po’ di soldi. Che poi non sono affatto pochi: 70 milioni di euro in tempi discretamente rapidi e attraverso i Por (Programma operativo regionale) – Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) che abbracciano un arco di tempo che va dal 2013 al 2020. Una robetta niente male che conviene sfruttare al massimo. Finanziamenti destinati all’innovazione e allo sviluppo. Esattamente quello che interessa al bacino termale viterbese. Infine, last but not least, c’è la Regione (terzo vertice). Che è innanzitutto la proprietaria della miniera (si parla di acqua, ma il termine tecnico è questo) e che è il trait d’union tra Comune e Ue. Come? Attraverso quell’iniziativa denominata Call for proposal, presentata qualche settimana fa in Camera di commercio. Si tratta in sostanza di approntare entro il 31 ottobre prossimo progetti che riguardano specifici settori o aree per il rilancio e il miglioramento dell’esistente. Perfetto, proprio quello di cui ha bisogno il termalismo viterbese. E dunque, gli uffici comunali si sono subito messi al lavoro (assicura l’assessore Sonia Perà) per presentarsi all’appuntamento con le carte in regola. Per la cronaca, l’altro progetto che riguarda la Tuscia fa riferimento al distretto ceramico di Civita Castellana (per il quale il sindaco Angelelli ha già pronta la bottiglia da stappare). Sintesi del consigliere regionale Enrico Panunzi: “Non voglio sbilanciarmi, ma penso che ci siano ottime probabilità che entrambe le iniziative possano godere di quei fondi”. Insomma, si farà.
Allora, riassumendo, se queste sono le premesse, non diventa lontanissimo il momento in cui potranno riaprire le terme Inps: si avrà certezza dell’acqua disponibile e ci saranno anche i fondi per aiutare gli imprenditori interessati. “Al buio non si cammina”, chiosa Panunzi. “Primavera prossima per dare vita al bando” si sbilancia l’assessore Delli Iaconi. “Finalmente fatti concreti e non generiche promesse” esulta Marco Sensi (Terme dei Papi). “Vogliamo che Viterbo – interviene il sindaco Michelini – diventi anche una città termale”. Con l’aggiunta di una notizia non da poco: “I dati che arrivano dall’analisi della tassa di soggiorno dimostrano un forte incremento della presenza di turisti”. Mica male.
Un ultimo accenno al contingente: il livello delle pozze libere, in primis il Bullicame, amatissimo dai viterbesi. “Se si tira da una parte – sintetizza il dottor Pagano, direttore di miniera – il livello si abbassa dall’altra”. E’ il principio dei vasi comunicanti: la geometria non c’entra, stavolta. E’ la fisica, bellezza.