“Segui i soldi”. Era l’espressione usata da Giovanni Falcone a proposito delle inchieste sulle cosche mafiose: era un metodo di lavoro. Seguire il flusso del danaro (tanto) e di mille intermediazioni finanziarie per comprendere come Cosa nostra ripuliva i soldi sporchi per poi utilizzarli in attività (più o meno) lecite. Il medesimo ragionamento (con le dovute proporzioni e naturalmente scevro da ogni riferimento illecito) si potrebbe ripetere per la questione Talete, chiamata domani attraverso l’assemblea dei soci a nominare il nuovo consiglio di amministrazione e soprattutto ad indicare una strada per uscire dal vicolo cieco in cui è finita dopo che la mancata approvazione del bilancio 2014 e la mancata discussione sulla due diligence ha provocato, di fatto, le dimissioni del presidente Stefano Bonori e del consigliere Cinzia Marzoli e quindi la decadenza dell’intero cda.
Una lunga premessa per arrivare al dunque e al soldi, appunto. Allora, in questi giorni (e probabilmente anche in queste ore) è venuta a galla una questione della quale in passato s’era già parlato, ma che adesso sta tornando di attualità: si tratta di un paio di milioni di euro (qualcosa in meno) che il Comune di Viterbo dovrebbe dare a Talete per lavori di manutenzione e di miglioramento della rete idrica. Una somma che, di fatto, dimezzerebbe il passivo messo a bilancio, rendendo così più semplici i discorsi sul futuro. Una forzatura che avrebbe mandato in puzza il comune capoluogo che, non va dimenticato, è il socio di maggioranza relativa con circa il 22% delle quote.
Primo interrogativo: possibile che l’ex consiglio di amministrazione si sia “dimenticato” una posta così onerosa? E perché, eventualmente, lo avrebbe fatto? Solo per fare un favore alla Michelini band? Difficile da credere, anzi addirittura da ipotizzare. Non solo: ma c’è un’altra considerazione da fare. Si tratta di lavori in larghissima parte ancora da eseguire e dunque appare quanto meno singolare che si vadano a chiedere soldi per un qualcosa che ancora si deve fare. Strettamente connesso a queste considerazione, c’è un ulteriore passaggio: il Comune di Viterbo vanta nei confronti di Talete un credito pari a circa 4 milioni di euro. Una somma consistente che, secondo le dichiarazioni rese mesi fa (e quindi in epoca assolutamente non sospetta) a Viterbopost dall’assessore al bilancio Luisa Ciambella, l’amministrazione comunale ritiene difficilmente esigibile. Tanto che, per mettere in sicurezza i conti, l’amministrazione comunale ha deciso di spalmare su un arco di tempo assai ampio (30 anni): “Ci possiamo permettere di perdere 100mila euro l’anno – disse a suo tempo la Ciambella – ma non 4 milioni tutti insieme: dovremmo semplicemente dichiarare fallimento”. Conclusione: non tirate fuori la storia del (presunto) debito di 2 milioni, altrimenti noi vi mettiamo sul tavolo il nostro credito (vero) di 4 milioni. E così stavolta Talete va davvero in default.
Questo insieme di vicende sta rendendo più complicato del previsto il cammino per arrivare ad una soluzione condivisa della questione Talete. E’ impensabile che si possa procedere senza Viterbo: sarebbe una spaccatura insostenibile per un centrosinistra che già di per sé fa fatica a tenersi unito, come dimostra il recentissimo passaggio a vuoto (l’ennesimo) nel consiglio comunale del capoluogo dove bastano un paio di assenze (peraltro giustificate) per rendere impossibile il raggiungimento del numero legale.
Partita delicatissima, dunque, nella quale si innescano pure non secondarie questioni di leadership all’interno del Pd: il fioroniano Bonori fatto fuori dai panunziani? Probabilmente la lettura è troppo superficiale, ma come si dice, a pensar male… con tutto quel che segue. E su tutto aleggia la posizione della Regione che non ha diretta influenza su Talete (non possiede quote), ma che deve deliberare in tempi (si spera) rapidi sulla definizione dei bacini idrografici.
A proposito di soldi, nel 2015 ad occuparsi della manutenzione e del funzionamento dei dearsenificatori è stata la Pisana. Che succederà nel 2016? Girano circa 6 milioni di euro. Che non sono affatto noccioline.
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