Alla Talete scocca l’ora dei tecnici e finisce quella dei politici. Una dicotomia soltanto formale perché, a guardar bene, i tre nuovi membri del consiglio di amministrazione dell’azienda che gestisce il servizio idrico integrato in (quasi) tutta la Tuscia non solo sono stati nominati dai sindaci (e quindi dalla politica), ma in diversi casi hanno svolto la loro prestigiosa carriera all’ombra dei partiti. Che non è una colpa, sia chiaro, semplicemente una costatazione.
Come che sia, da lunedì scorso il nuovo cda (nominato nell’assemblea dell’Ato del 5 ottobre scorso) ha preso ufficialmente possesso dei nuovi incarichi dopo l’atto di accettazione formale, dopo che sono state verificate le eventuali cause di incompatibilità e dopo che il professor Giampaolo De Paulis ha rinunciato all’indennità che gli sarebbe spettata (essendo un pensionato statale, non può avere altre retribuzioni nell’ambito di aziende pubbliche). Manca l’ultimo passaggio formale, cioè la comunicazione alla Camera di commercio che, secondo rumors ben accreditati, sarebbe stata già inviata.
Due giorni fa, dunque, sia il presidente Salvatore Parlato che De Paulis si sono visti negli uffici di via Maresciallo Romiti dove hanno incontrato i dirigenti e i funzionari di Talete. Una prima doverosa presa di contatto, alla quale non ha potuto partecipare la dottoressa Giovanni Marini per altri impegni. E’ evidente che si è trattato solo di una reciproca conoscenza perché nel vivo delle (tante e complicate) faccende si entrerà successivamente.
La situazione, come è noto, si è incartata quando l’assemblea dei soci si è sostanzialmente rifiutata di discutere e quindi approvare il bilancio presentato dal precedente consiglio di amministrazione (presidente Stefano Bonori, consiglieri Cinzia Marzoli e Marco Fedele). I numeri erano e sono da far tremare le vene ai polsi: oltre 4,3 milioni di euro di disavanzo. Venuti fuori anche in virtù della due diligenze (l’analisi dei conti) chiesta dagli stessi sindaci e commissionata ad una società esterna. Una montagna di soldi che i comuni non solo non hanno e che soprattutto non hanno voglia di tirar fuori. E allora come si esce dal più classico dei cul de sac? Con una mossa che permette innanzitutto di prender tempo, magari nella speranza che a togliere le castagne dal fuoco ci pensi la Regione che, prima o poi, dovrà pur esprimersi in modo chiaro sui bacini idrografici: uno, dieci, cinquanta? Non ha importanza, ciò che conta è che si decida. Magari vale la pena ricordare che il presidentissimo Zingaretti, circa un anno fa e proprio a Viterbo, si espresse in modo inequivocabile per un unico bacino e, di conseguenza, per un unico gestore. Naturalmente privato.
La questione, dunque, è apertissima e i tre nuovi componenti del cda dovranno comunque rimettere mano al bilancio, cercando qualche marchingegno (tecnico, ovviamente) per renderlo più digeribile. Ce la faranno? Ci riusciranno? La speranza è che riescano nell’impresa. Intanto, in bocca al lupo e buon lavoro sono d’obbligo.