In più di ventiduemila on-line hanno già firmato. E poi ci sarebbe da aggiungerci tutti quelli che pongono il loro nome e cognome ogni santo giorno, nei luoghi preposti a tale pratica. Mancano quindi, pallottoliere alla mano, duemila anime scarse per raggiungere il numero richiesto. L’appello lanciato in rete dal presidente della Regione Zingaretti sta funzionando. In tanti, tantissimi, vogliono salvare Civita di Bagnoregio.
Ed è quasi inutile ricordare da cosa. Se ne parla da una vita, in effetti. I Calanchi che la circondano sono tanto affascinanti quanto delicati. L’erosione prosegue senza sosta. E la bomboniera della Teverina rischia di venir giù.
Così, se da un lato gli appelli sono utili (necessari), dall’altro parallelamente toccherà pure di studiare un piano tecnico. Di fare fattivamente qualcosa. Di inventarsi un modo per rendere eterna la città che muore.
Se ne parlerà questo sabato, di dentro al palazzetto dello sport di Bagnoregio. Promotrice della la Sigea. In prima linea Gaia Pallottino e Giuseppe Gisotti. Supportati da professionisti vari, che si diletteranno in una maratona dagli interessanti risvolti.
“Un’incontro di studio – dicono i due – ma anche di divulgazione scientifica. Nata dalla considerazione dei risultati dei vari interventi di protezione idrogeologica effettuati negli ultimi anni. E approfittiamo per ringraziare il sindaco Bigiotti per il supporto logistico e per l’impegno che ha dimostrato nel tempo”.
Ok, ma quali saranno i primi passi? Come procedere? “Innanzitutto va verificata la necessità di effettuare studi geologico-tecnici, idrogeologici, geomorfologici, pedologici, vegetazionali – proseguono – sulle aree dove alcuni aspetti non siano stati ancora esplorati a sufficienza. In modo da potere preparare un progetto di risanamento che tenga conto dei vari fattori in gioco, come mai fatto prima”.
E quindi, come le buone prassi vogliono, si partirà da dove questi interventi sono riusciti. “In un certo senso copiando. “Todi, Orvieto, e altri centri urbani della Basilicata – sempre loro – hanno dato esiti soddisfacenti. Così come San Marino, Reggio Emilia, o Brisighella”.
Perfetto. E nel frattempo magari si procede con opere che mirino a limitare il danno. Cantieri aperti, e speriamo che il franabile sia clemente. “Importante è la problematica del deflusso dell’acqua nei riguardi della stabilità geomeccanica – chiudono per Sigea – con particolare attenzione alle acque pluviali e alle fognature, che interessano sia la placca rigida che le argille plastiche”.
E poi anche lo stato dovrà fare il suo. Con la tanto richiesta “legge speciale” che già si è dimostrata determinante proprio a Todi e a Orvieto.
Il convegno, per quanti fossero interessati, sarà preceduto da una visita guidata al “museo geologico delle frane”. E da una passeggiata alle zone franose maggiormente delicate.