“Si comunica che ai sensi della deliberazione di giunta comunale numero 142 del 29 aprile 2015, esecutiva alla data del 7 maggio, la signoria vostra non risulta possedere i requisiti per la compartecipazione del Comune di Viterbo alla spesa per il ricovero in Rsa. Per il periodo precedente alla data di esecutività dell’atto sopra citato (1 gennaio 2015 – 6 maggio 2015), l’Amministrazione comunale, in relazione alle disponibilità di bilancio, sta valutando l’eventuale possibilità di corrispondere un contributo di compartecipazione e la misura dello stesso. Ulteriori comunicazioni al riguardo verranno trasmesse successivamente”.
Così, con questa comunicazione in perfetto stile burocratese, firmata dal dirigente del settore Servizi sociali, decine e decine di ospiti delle Residenze sanitarie assistenziali e le loro famiglie, hanno ricevuto la peggiore delle notizie possibili. Via i contributi del Comune, le rette bisogna pagarsele da sole per intero, con enormi sacrifici, per qualcuno insostenibili. Ecco cosa c’è alla base della protesta dei pazienti e dei famigliari, coloro che giovedì sono scesi in piazza, sotto Palazzo dei priori, per chiedere a gran voce – ma con toni civili – il ritiro della delibera incriminata. Quella delibera che ritengono peggiorativa della legge nazionale sul calcolo Isee, e che il sindaco Michelini e la vice Ciambella hanno motivato con esigenze di bilancio (“Rischiavamo il default”) a causa del taglio dei contributi regionali.
Fatto sta che “quel pezzo di carta ha generato una crisi gravissima, ci sono persone che si sono indebitate per pagare le rette, altre a cui sono stati prelevati direttamente i pochi risparmi in banca”, come ha detto il consigliere regionale Daniele Sabatini.
La protesta, dopo aver raggiunto l’apice nella manifestazione di piazza del Plebiscito, non è finita qui. Semmai ha momentaneamente attivato la modalità silenziosa: si attendono risposte dal Palazzo dei priori. Il sindaco si è impegnato a fornirle in una settimana, il tempo di proseguire e concludere l’analisi sulla delibera e le simulazioni su eventuali, quanto auspicabili, ripristini dei contributi per i casi più urgenti. La Regione, dal canto suo, ha riaperto i cordoni della borsa, stanziando 22 milioni di euro per i prossimi 4 anni: una piccola somma, un terzo di quanto versava fino all’anno scorso, che non può bastare a risolvere la situazione ma potrebbe ispirare qualche iniziativa congiunta, visto che l’amministrazione comunale ha aumentato i fondi destinati al settore nel bilancio approvato un mese fa (da 300mila a 500mila euro). L’Aforsat, l’associazione dei famigliari, è alla finestra, pronta ad esultare ma anche a tornare a protestare. E sul tavolo ci sono anche i ricorsi: quello regionale, al consiglio di Stato, il cui esito è atteso per il 3 dicembre. E quello viterbese, contro la delibera del 29 aprile, alla presidenza della Repubblica.