Che qualche problema ci sia, è poco ma sicuro. D’altronde l’intero Stivale è in piena difficoltà, e Viterbo non può certo rappresentare un’eccezione. Allo stesso tempo però la faccenda non è poi così catastrofica per come la si dipinge, almeno stando a quanto annunciano i vertici. Nel senso, una pezza ci si metterà. Si guarda al futuro con fiducia, ecco.
Ma andiamo per ordine. In una nota congiunta (che quando arrivano normalmente son sempre dolori) Cgil, Cisl e Uil “tornano a manifestare le loro preoccupazioni sul futuro del Consorzio biblioteche di Viterbo e del personale che vi lavora”.
La sforbiciata del Governo sulle Province ha fatto sì che diversi rubinetti siano stati chiusi. E la stessa Provincia, che prima contribuiva a metà della gestione dei due apparati, ha per logica interrotto l’erogazione dei fondi.
“Così il 20 aprile – segue il comunicato, sintetizzato – ci siamo incontrati col sindaco Michelini. Che ha promesso di portare il caso in Regione. Sono passati diversi mesi, e nulla. La sede a piazza Verdi ha molti problemi, sia di organico che di pulizie che di attrezzature. Ed i dipendenti, che fine faranno?”.
Già, che fine faranno? A gettare acqua sul fuoco (e non benzina) ci pensa però il commissario straordinario dello stesso Consorzio, Paolo Pelliccia. “Sono certo che troveremo una soluzione al più presto – annuncia stemperando i bollenti spiriti – approfitto comunque, innanzitutto, per ringraziare il motore pulsante della biblioteca, i dipendenti. Comprendo il loro disagio, e credo che magari qualcuno abbia esagerato nel raccontare le cose”.
Pelliccia è ottimista, in sostanza. “È matematico che la biblioteca non chiuderà – aggiunge – anche se poi diverse in giro per l’Italia lo stanno facendo. Noi rappresentiamo e rappresenteremo un’eccezione. A breve spiegheremo anche come procedere, ma ci piace operare nel silenzio. Senza proclami, se non a scopo raggiunto”.
Il succo è che il commissario si sta dando da fare. Che, di qui e poco verrà anche inaugurata l’ala dello spettacolo (cinquemila volumi e molte attrezzature). E che, come successo più volte in più casi, il destino di diversi lavoratori e di un comparto determinante come quello culturale, probabilmente passerà dalle generose mani di qualche privato. Un tempo erano mecenati. Ora solo bravi uomini che intervengono laddove lo Stato non vuole o non può.