L’ipotesi di aggiungere il canone Rai agli oneri generali di sistema e alle imposte, che nel complesso già pesano per il 38,6% sul costo finale dell’elettricità pagato dalle famiglie italiane, sarebbe l’ennesimo balzello – il 14esimo per la precisione – anacronistico e ingiustificato.
L’utilizzo della bolletta elettrica per esigere il canone finirebbe per appesantire il costo dell’energia e rendere più complessa la lettura delle voci di costo. Già oggi la soddisfazione degli italiani circa la chiarezza e la comprensibilità della bolletta dell’energia elettrica è molto bassa: sono 10.300.000 le famiglie italiane (il 58,9% del totale) che non si ritengono soddisfatte di questo aspetto del servizio. Piuttosto le ipotesi avanzate dal Governo dovrebbero essere l’occasione per sciogliere il nodo del canone speciale pagato dalle imprese.
Gli imprenditori pagano il canone di abbonamento speciale, con un gettito annuo di 74 milioni di euro, per il possesso di apparecchi atti/adattabili alla ricezione dei programmi radiofonici/televisivi, con qualsiasi mezzo e tecnologia diffusi, in esercizi pubblici o in locali aperti al pubblico e comunque al di fuori dell’ambito familiare. Da tempo sosteniamo che questo tributo illegittimo, visto che penalizza gli imprenditori che in questo modo pagano due volte il canone, come cittadini e come esercenti, dovrebbe essere abolito. In media, infatti, un imprenditore paga fino a 6.000 euro annui. Somma ingiustificata e ingiustificabile.
Quella del canone speciale Rai è una richiesta assurda perché vengono ‘tassati’ strumenti di lavoro che gli imprenditori utilizzano non certo per guardare i programmi Rai. La diffusione degli strumenti digitali portatili con l’elevato utilizzo di contenuti on-line, che arriva fino al 48,1% del totale della popolazione, rende obsoleta e superata questa forma di prelievo sulle imprese e ne aumenta i costi burocratici.