Fratelli d’Italia, divisi in tribunale. Ieri il giudice civile di Viterbo ha assolto uno e ha respinto la richiesta di risarcimento dell’altro. Due politici viterbesi, Paolo Bianchini e Marcuccio Marcucci, colleghi di partito sotto le insegne di Giorgia Meloni. Ma avversari in tribunale.
La storia risale al 2009, a margine dell’operazione Dazio, che portò all’arresto di tre funzionari della Soprintendenza per una storia di mazzette. Tra i nomi delle persone coinvolte spuntò anche quello di Marcucci, geometra e all’epoca consigliere comunale per il Polo della libertà. Ne nacque una polemica politica, e sulla stampa.
Si discuteva sull’opportunità o meno che un consigliere comunale dovesse rassegnare le dimissioni dopo essere finito, seppur con posizioni diverse da quelle più gravi, nelle carte dell’inchiesta. Marcucci, sentendosi danneggiato dagli articoli giornalistici e anche dalle dichiarazioni di Bianchini, intentò un’azione civile risarcitoria nei confronti dell’esponente politico, di alcuni cronisti (Americo Mascarucci e Roberto Pomi) e del direttore di un quotidiano locale all’epoca in edicola, Paolo Gianlorenzo. Ventimila euro la richiesta di danni a Bianchini, 10mila a Pomi, 50mila a Mascarucci.
Ironia della sorte, qualche tempo dopo Bianchini e Marcucci si ritrovarono nello stesso partito. Il primo, candidato alle ultime regionali (dove ottenne un buon risultato, sfiorando l’elezione), l’altro in lizza per le comunali (130 preferenze, non eletto). Nessun ripensamento, nessun passo indietro, anche se i rapporti personali tra i due – due gentiluomini, va detto – non sono mai stati incrinati. Ma certo che la situazione era quantomeno inusuale.
La causa comunque è andata avanti, la giustizia ha fatto il suo corso, fino a ieri. Quando i quattro, difesi dall’avvocato Gioia Scipio, sono stati assolti.