Per il Movimento Cinque Stelle, sempre a caccia di immagini significative, l’amministrazione Michelini è “un uomo morto che cammina”. E’ lo slogan del giorno dopo, dopo che la mozione di sfiducia al sindaco ha raggiunto le 13 firme necessarie per essere discussa. I grillini rivendicano il loro successo: “Un testo iniziale presentato senza simboli, affinché potesse essere condiviso da più consiglieri possibili”. Così è stato: 13 firme – le ultime tre arrivate proprio ieri – hanno consentito alla mozione di crescere fino ad arrivare al passaggio decisivo, quella discussione (con voto) che per regolamento dovrà avvenire entro il prossimo mese. Per sapere la data precisa del consiglio comunale straordinario con questo unico punto all’ordine del giorno, bisognerà aspettare. Cosa? In teoria la decisione del presidente Marco Ciorba, che da regolamento (articolo 45, comma 1) deve convocare la seduta ad hoc, senza l’obbligo di passare dalla conferenza dei capigruppo (ma ha comunque la facoltà di farlo). Non potrà essere né il 22 ottobre né il 5 novembre, giorni in cui il consiglio è già stato convocato per affrontare i temi in calendario, né tantomeno martedì 29, quando ci sarà un’altra seduta straordinaria sulla sicurezza in città. E’ possibile che si scelga un altro martedì mattina (il 27 ottobre? Il 3 novembre?).
Il sindaco Michelini ha commentato con tranquillità la notizia: “E’ solo propaganda da campagna elettorale. Sono tredici? Quelli resteranno”, ha detto il primo cittadino. Come dire: mi fido della maggioranza (“Una maggioranza aperta, vivace, non statica”) e non penso che qualche altro consigliere mi possa fare uno scherzetto. Anche perché col voto palese sembra davvero difficile – o clamoroso – che qualcuno annunci il ribaltone. Se ne è avuta la dimostrazione in occasione dell’approvazione del bilancio: allora arrivò sì qualche defezione (Volpi e Troili, più il Gal che ancora era in maggioranza) ma nessun voto contrario. E stavolta la posta in palio sarà infinitamente più alta, perché c’è il rischio concreto di andare a casa con due anni e mezzo d’anticipo.
I più ottimisti, anzi, credono che la mozione di sfiducia sia un assist (più o meno volontario) alla stessa amministrazione Michelini: “Così ritroveremo l’unità, davanti alla prospettiva di cadere ci ricompatteremo”, si lascia sfuggire un consigliere. Magari è una lettura un po’ esagerata: le divergenze restano, e in alcuni casi forse sono insanabili, o alimentate da divisioni su scala maggiore (per esempio all’interno del Pd, vedi il dualismo Fioroni-Panunzi). Ma è realistico ipotizzare un’armonia temporanea, per passare incolumi questo momento e proseguire il mandato. A quel punto si potrebbe tornare ai soliti discorsi, a partire dall’ennesimo rimpasto.