Tredici porta bene, almeno qui, mentre nei Paesi anglosassoni no. Sarà italiano, Leonardo Michelini, oppure avrà ascendenti Oltremanica (confronta: il suo impeccabile aplomb)? Domande che dovrà porsi, il primo cittadino, perché da ieri i consiglieri comunali che hanno firmato la mozione di sfiducia nei suoi confronti sono, appunto, 13. E perciò la mozione può essere discussa in uno dei prossimi consigli comunali, secondo il regolamento: non prima di dieci giorni e non oltre i trenta dalla data di protocollo (ieri, appunto), in una seduta straordinaria dedicata soltanto a questo punto.
Le tre firme che mancavano al documento proposto inizialmente da Gianluca De Dominicis (Movimento Cinque Stelle) sono arrivate negli ultimi giorni, paradossalmente – ma poi neanche tanto – da tre ex esponenti di maggioranza passati dall’altra parte dell’Urcionio. E cioè, in ordine alfabetico, Sergio Insogna, Francesco Moltoni detto Chicco e Goffredo Taborri. Si sono aggiunti a quei colleghi che avevano sottoscritto l’atto già da alcuni mesi: lo stesso M5S primo firmatario, Chiara Frontini (Viterbo 2020), Santucci (FondAzione), Galati & Micci (Misto), i due di Fratelli d’Italia (Buzzi e Grancini) e i tre di Forza Italia Marini, Sberna e Ubertini).
Va detto che la mozione non è quella originale. E’ stata modificata e adeguata col contributo di tutti: “Perché è un’iniziativa che riguarda tutti – dice De Dominicis – E l’intero consiglio così può esprimere un giudizio sul lavoro del sindaco: chi non lo condivide, voti la mozione; gli altri se ne prendano la responsabilità. Dopo quattro rimpasti e tre elementi persi per strada, crediamo che sia ora di fare un punto della situazione serio”.
Insogna, orfano per un giorno del suo sodale Gal Moltoni, precisa: “Così prendiamo una posizione chiara e definita, e non diamo alibi a nessuno. Discutere e votare la mozione sarà un modo anche per i consiglieri di maggioranza di uscire allo scoperto, di chiarire da che parte stanno”.
Insomma, questi qui ci credono. Credono davvero che l’amministrazione Michelini possa cadere a metà del primo mandato. Credono che la mozione di sfiducia possa allargare le crepe della maggioranza, e trasformarle in seracchi mortali. “Nonostante ognuno di noi provenga da esperienze politiche diverse, e abbia idee anche distanti a livello generale, qui si ritrova unito contro il governo Michelini”, sottolineano all’unisono Frontini e Taborri.
Buzzi si augura “una seria e concreta lettura di quello che è stato fatto, o meglio di quello che non è stato fatto”. Ubertini invece strappa un sorriso: “Parlano sempre delle cose fatte per Expo. Bene: mi chiedo cosa faranno da fine mese, quando Expo finirà… Magari sperano che lo proroghino…”. Peccato che non si possa fare, toccherà aspettare Dubai 2020. Giulio Marini approfitta dell’ultima battuta per tornare sul classico: “Era meglio quando era peggio”. Nostalgia canaglia: detta così verrebbe da cambiargli il nome in “Ignazio” e il cognome in “Marino”, a patto che si tenga lontano da ristoranti e carte di credito.
Ma il sindaco di oggi – mica quello di ieri – come ha preso tutta questa dimostrazione d’affetto, scritta, firmata e protocollata? Tutto sommato bene: “Quanti sono? Tredici. Hanno guadagnato due, tre firme in più. Quelli sono, questa è la minoranza – dice Michelini intercettato durante il consiglio – L’importante è fare, e noi stiamo facendo. Col lavoro, coi risultati, acquisiremo altro sostegno, perché è così che si aumenta il consenso, col fare, mica in questo clima perenne di campagna elettorale, come vorrebbero loro. Le persone cambiano, si evolvono”. Il problema, sindaco, è che pure la sua maggioranza sembra piuttosto ondivaga, a tratti avvinazzata: “E’ un’alleanza vivace, non statica – risponde Michelini – C’è confronto, posizioni diverse, dibattito: è in questo clima che nascono le idee”. E qualcuno, proprio dai banchi di chi governa, la butta là: vuoi vedere che proprio questa mozione ci ricompatta tutti? Sennò tutti a casa. O così, o pomì.