“Eccolo, eccolo”. “Ma chi è?”. “A me me sembra quello che c’aveva a Grosseto, coso lì”. “Mariani? Controlliamo su internet”. La connessione è lenta, il pettegolezzo è una scheggia. In questo pomeriggio surreale allo stadio Rocchi in Viterbo i nomi e i curricula del prossimo tecnico della Viterbese fioccano come nespole, per dirla alla Biscardi. Tutti a chiedersi chi sarà questo signore che con il suo suv Bmw, in barba alle emissioni inquinanti sospette e ai rischi d’esonero praticamente sicuri, s’avvia su per la stradina d’accesso alla tribuna. Però sbaglia strada: l’appuntamento con il Comandante Camilli è nei quartieri presidenziali dello stadio, praticamente dalla parte opposta. Lo vengono a prendere, lo conducono nella sala del trono, lui viene inghiottito dalla pancia dello stadio. Sono le 16.15, lo rivedremo quasi due ore dopo, vivo, per fortuna.
Nel frattempo, cronisti devoti e tifosi devotissimi trascorrono l’attesa in confronti fotografici tra le immagini di internet e i lineamenti del signore, del “presunto nuovo allenatore”, intravisto poco prima. Intravisto, va detto, da distanze siderali, visto che per mantenere il riserbo la società aveva chiuso la tribuna centrale ad ogni “estraneo”. Si sta in curva, allora, come quando si era ragazzi, e si smanetta sullo smartpono: “Mariani Ferruccio è questo”. Tarchiato, capelli bianchi, esperienze a Grosseto. “C’assomiglia”, dice quello con l’occhio sgamato. “Però aspettate, perché c’è pure Mariani Alberto”, butta là un altro, e va sottolineato che il dibbbbattito tecnico prevede rigorosamente la citazione del cognome prima del nome. “E’ costui”. Foto: chioma fluente alla megadirettore fantozziano, brizzolato pure lui, ex Grosseto pure lui. “Assomiglia pure a questo”.
Dunque: uno dei due Mariani sta dentro a colloquio con Camilli. Uno dei due Mariani può essere il prossimo allenatore della Viterbese dopo il sublime esonero di Sanderra, domenica scorsa al termine dell’affannata vittoria col Castiadas. “Ma fermi tutti – irrompe il tifoso juventino di chiara fama – Lo sai chi mi ricorda quello che è entrato? Antonello Cuccureddu”. Minchia, eja. Del resto: allenatore, pure lui al servizio di Camilli in quel di Grosseto. Rivediamo le foto, mettiamoli a confronto, cerchiamo riscontri nel fornitissimo archivio di Chi l’ha visto. In effetti: capelli color cenere, mossi, stile impeccabile, ci può stare. Segna sul conto: Cuccureddu A., Mariani A., Mariani F….
La lista dei papabili per l’ambitissimo posto sulla panchina nord del Rocchi s’allunga, il mistero mister s’infittisce. Solo nelle ultime ore sembra di sfogliare un elenco telefonico: Braglia, Farris, Favo, Ferazzoli, Menichini, Morgia, Nofri, Pagliuca, Albertosi, Burgnich e Facchetti. Quasi tutti sono stati contattati dal direttore sportivo facente funzioni Vincenzo Minguzzi (il suo predecessore, Luci, è stato giubilato domenica sera insieme a Sanderra e a mezzo staff tecnico): qualcuno ha detto “no, grazie, preferisco vivere”, altri sono stati scartati dal giudizio “a pelle” dello stesso Camilli, di solito infallibile (pure se esonerò anche Max Allegri), con altri ancora non si è trovato un accordo.
Del resto, siamo appena all’incomincio di ottobre: quelli bravi magari aspettano qualche panca di Lega Pro e non si vogliono bruciare, altri sanno perfettamente che Camilli caccia gli allenatori più frequentemente di quanto Renzi annunci il taglio delle tasse.
Così, mentre la squadra ha finito di allenarsi agli ordini del fisioterapista Simone Di Serio e del preparatore dei portieri Paolo Gobattoni – tra i sopravvissuti – qui si si continua a spulciare gli almanacchi. Ma lo sai che quello assomigliava pure al colonnello Lobanovsky? E’ morto. Allora a Nunzio Filogamo. Pure lui, e comunque non faceva l’allenatore. A Denis Verdini? Tu sei troppo condizionato dalla cronaca politica. Sigarette e tattiche di perimetro: tutti via dalla curva, ci si sposta in via Newman, lato “ingresso atleti”, laddove un altro allenatore del passato recente (Raffaele Sergio, ai tempi tristi prima dell’era Camilli) si piazzò perché “non autorizzato ad entrare allo stadio”.
Parte un’altra attesa. Per sicurezza, arriva una maschera a chiudere il cancello onde evitare eventuali irruzioni della folla assiepata (siamo in cinque: tre in precarie condizioni di salute). Esce la squadra, macchinoni e macchinini, qualcuno viene caricato dalla mamma (siamo sempre in serie D, c’è la regola degli under e la regola delle milf).
Poi, il Bmw si muove. Chi ci sarà dentro? Walter Chiari? Corrado Mantoni? Il pupazzo Sbirulino? Oronzo Canà? Eccolo, è Marco Cari, ex portiere gialloblu alla fine degli Settanta, allenatore gentiluomo lo scorso anno al Rimini, con l’ennesimo campionato vinto. Qualcuno già scrive: “Marco Cari è il nuovo allenatore”. Invece no: basterebbe chiederglielo di persona invece di fare il giornalismo telepatico. “E’ stata una visita di cortesia, non credo che tornerò”. Via, gas verso il casello. Ma Cari resta comunque in pista in questa tonnara numerosa.
Poi, esce addirittura la berlina presidenziale. Al comando c’è Camilli (guida sempre lui), al fianco Minguzzi: “Ragazzi, nessuna novità. Stiamo parlando con diversi allenatori. Abbiamo sbagliato con Sanderra, non voglio commettere un altro errore. Stavolta sceglieremo bene, e per domani avrete, avremo, il nuovo allenatore”.
Meglio andare al primo bar, per riprendersi dagli sforzi e magari risfogliare il memorabile titolo de Il Messaggero di lunedì: “Viterbese, Camilli licenzia il primo”. Beati i primi, perché non saranno gli ultimi, soprattutto qui.