Sapessi com’è strano, vedere il Trasporto in diretta a Milano. Specie per i viterbesi che si sono ritrovati ieri sera nel giardino di Eataly, nel cuore dell’Expo, davanti al maxischermo fatto installare dal Comune per trasmettere la Macchina di Santa Rosa. Pochi, certo, ma incantati dallo spettacolo di casa loro proiettato qui, al cospetto del mondo, e dunque sì, uscito – si spera definitvamente – fuori dalle mura della città, lanciato su palcoscenici internazionali. Consacrato a tradizione italiana a tutti gli effetti. C’è da andarne fieri, se fosse davvero così già dall’anno prossimo, quando non ci sarà più Expo e perciò bisognerà inventarsi qualche altra mandrakata per promuovere la festa.
Per pensarci c’è tempo, meglio godersi il Trasporto al fresco di Expo e sotto Fiore del cielo, che si staglia appena dietro il maxischermo, con un pizzico di invidia per i parenti e gli amici rimasti a Viterbo, ma anche con la consapevolezza di vivere un momento unico nella storia ultrecentenaria della Macchina.
“Viviamo alla Grotticella, siamo qui per caso, ma adesso ci godiamo Rosina da qui, mangiando da Eataly – spiega una famiglia, accompagnata da un’altra viterbese che però vive all’ombra della Madonnina – Certo, magari la diretta poteva essere spiegata meglio, ma va bene così, come inizio. Gloria? Bellissima, l’abbiamo vista a San Sisto prima di partire”. E da buioni viterbesi, veraci e cortesi, sono loro a fornire qualche spiegazione (“Il Trasporto si svolge stasera, la Macchina viene portata a spalle da cento uomini, i facchini”) agli altri visitatori che si aggirano in zona. E il fatto che in molti scattino foto a Fiore del cielo è un altro motivo che colpisce sempre lì: l’orgoglio, la viterbesità. E ci sono i contatti con chi è rimasto “giù”: perché tardano? Dove sono i Facchini? Ancora a piazza del Comune? Allora la mossa tarderà… Le care, vecchie dinamiche del 3 settembre: gli orari, gli imprevisti, il percorso impresso come una mappa nella memoria, le previsioni.
Poi c’è suor Laura. Ligure, giovane, simpatica: “Sono a Viterbo da otto anni alla parrocchia del Salamaro – dice -. Oggi mi dispiace non assistere al Trasporto dal vivo, ma era l’unico giorno in cui potevo stare con mia madre. Sento tanto questa festa di fede, anche da lontano”. Una sorella come quelle del monastero, devote a Rosa: il cerchio si chiude, a cinquecento chilometri di distanza. Ma si sa: certi amori vanno oltre le distanze.